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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Gli inizi della chiesa di Madonna dell’Arco vanno ricercati nell’antica cappella abbandonata, ove era affrescata l’immagine della Vergine Maria. Essa divenne centro dell’attenzione generale del tempo in seguito a molti miracoli avvenuti in loco, per cui il papa Clemente VIII, al fine di dotare il luogo pio di un buon amministratore spirituale e temporale, data la continua richiesta di assistenza religiosa e di controllo delle numerose offerte provenienti dai fedeli sempre più crescenti, vi mandò, nel settembre 1592, per mezzo della Congregazione dei Vescovi e Regolari, padre Giovanni Leonardi della Congregazione della Beata Vergine di Lucca. Costui, giunto colà con altri sacerdoti, si immerse con indomita esattezza nel compito affidatogli dal sommo pontefice, obbedendo ciecamente agli ordini del cardinale di Sans, Nicolò di Pelve e del cardinale Alessandrino, al secolo Michele Bonello, ambedue capi della congregazione dei Vescovi e Regolari. Di lì a poco, al’inizio del 1593, egli diede inizio alla costruzione della chiesa secondo il modello e il disegno della chiesa di Santa Caterina a Formello. A fronte della fiumana dei fedeli, provenienti non solo da tutto l’hinterland napoletano, e delle immani entrate economiche, il pontefice, volendo dotare la chiesa di un governo stabile e duraturo, deliberò di affidarne la direzione ai padri regolari Teatini. Poiché questi rifiutarono l'incarico per motivi inespressi, il pontefice la concesse, nel mese di febbraio 1595, ai padri riformati di San Severo dell’ordine di San Domenico della Congregazione di Santa Caterina da Siena, di cui almeno dodici rappresentanti avrebbero dovuto inverare il piano pontificale. Ma i padri domenicani, avvertendo un notevole disagio sia per il vitto sia per la prosecuzione della costruzione della chiesa nonché del convento, chiesero la diretta amministrazione delle rendite ecclesiastiche. A questo punto scattarono numerose pretese sia da parte di Somma quale città capoluogo sia da parte del casale di Sant’Anastasia, entrambi desiderosi di ricavare qualche beneficio economico dalle rendite ecclesiastiche.....
La visita pastorale, effettuata, il 17 agosto 1542, nella chiesa di Panecocolo, denominata Santa Maria dell'Arco, riscontra che il Santissimo Sacramento è conservato in una cassa di legno. Subito viene ordinato al cappellano, Leonardo Marigliano, di farne una di marmo sotto pena della scomunica.
Nella stessa chiesa vi sono tre cappelle: una dedicata a Sant'Antonio e San Giovanni Evangelista, ove viene celebrata una messa ogni settimana; un'altra a Santa Maria dell'Ascensione, una terza fatta costruire dal notaio Antonio Maiono.
L'anno 1896 il 2 novembre in San Giuseppe Vesuviano e nel solito locale, in seguito a determinazione del presidente, convocatasi l'amministrazione di questa col mezzo degli avvisi scritti, recanti gli oggetti della convocazione, recapitati tali avvisi nel giorno 27 ottobre dal messo comunale, come egli ha riferito, sono intervenuti i signori Pesce Raffaele, presidente, Cola Angelo, membro, Ferraro Luigi, membro, assistiti dal sottoscritto segretario, e così in numero di tre dei tre componenti l'amministrazione medesima hanno svolto il seguente ordine del giorno, proposto dal presidente Raffaele Pesce. Pervenuta a questa amministrazione domanda del parroco di San Giuseppe, con la quale espone lo stato attuale in cui è ridotta la parrocchiale chiesa e chiede il permesso di poterne costruire altra nello stesso sito che sia sotto ogni rapporto più consentanea et adatta allo esercizio del culto e si confaccia ai bisogni della popolazione.....Visto che l'ingegnere Foschini ha presentato il disegno del novello tempio gratuitamente e ha promesso dirigere ogni lavoro senza compenso veruno... Visto che il rev. parroco ha dimostrato per fatto l'incessante desiderio di avere una novella chiesa per poter vedere congregati tuttii fedeli ad eseguire gli atti religiosi e cristiani senza impedimento di sorta e togliere ed evitare ogni sconvenienza potesse aver luogo per la ristrettezza ed angustia dell'attuale chiesa. Propone al consesso, cui egli nella qualità di presidente si appartiene di accogliere la domanda del parroco con le condizioni qui appresso enunciate: 1° La costruzione del novello tempio rispetto alla amministrazione non dovrà menomamente apportare innovazione di sorta alle tavole fondamentali dello statuto della parrocchiale amministrazione, rimanendo integre e salde. 2°. Si dovranno sotto ogni rapporto riconoscere e rispettaare nella costruzione del nuovo tempio tutte le deliberazioni emesse dagli amministratori pro tempore ed ogni loro operato a contare dall'epoca delal fondazione dello statuto ..... 3°. Riconoscere e rispettare il sacrestano maggiore nominato dagli amministratori con deliberazione debitamente approvata il quale eserciti e sviluppi in detta chiesa parrocchiale quel jus padronato che compete agli amministratori a base delle tavole di fondazione di un tale Istituto... 4°. Infine qualunque offerta, donativo ed elemosina si possa corrispondere dai fedeli è di detta chiesa e di conseguenza di pieno diritto degli amministratori i quali la invertiranno a quello scopo per la quale è stato dai fedeli data. IL CONSESSO.... accoglie a così fatta maniera la domanda del parroco pro tempore sig. Prisco di Prisco.
4 marzo 1868. Art. 1°. Nell'edificio del soppresso convento dei Rev. Padri di San Francesco ora di proprietà del Municipio di San Gennaro sarà fondato un asilo per fanciulli orfani e poveri con i mezzi che saranno in seguito indicati. 2°. Lo scopo della fondazione è quello di ricoverare fanciulli orfani e poveri di sesso maschile ed istruirli in qualche arte o mestiere, oltre ai necessari insegnamenti di religione o di morale ed alle cognizioni elementari delle lettere, dell'aritmetica, della geografia e del disegno lineare. Art. 3°. L'ammissione è gratuita. Vi saranno ammessi solo i naturali del Municipio dell'età di anni quattro a dieci di comprovata povertà. Art. 4°. Il numero non potrà oltrepassare i quattro nell'apertura dell'asilo, ma in prosiguo potrà estendersi fino a venti. Saranno ricevuti a preferenza gli orfani di amendue i genitori, indi quelli di uno solo. Qualora manchino gli orfani veramente poveri, potranno ammettersi i figli dei genitori viventi purché poveri, preferendosi quelli i cui genitori o uno solo siano affetti di malattia cronica che impedisca favoro proficuo. Art. 5°. Non saranno ricevuti gli affetti di malattia schifosa o contagiosa per lo che vi sarà apposita visita sanitaria anche per assodare se siano stati inoculati dal pus vaccinico.... Art. 12°. Le arti da apprendersi saranno quelle del calzolaio, del sartore, del falegname e del fabbro. In progresso potrà stabilirsi anche la musica e la pittura. Art. 15°. L'asilo avrà un Direttore, ed un Segretario nominandi dal Consiglio Comunale, la carica del Direttore sarà onorifica e quinquennale .... Aert. 17°. Tutti i bilanci e l'amministrazione saranno proposti dalla Deputazione ed approvati dal Consiglio Comunale. F.to La Giunta:Santolo Buonaiuto, Michele Tuccillo, Carlo Carbone sindaco, Domenico Ammendola.
30 giugno 1579...... In primis perché la paglia che pervene in detta regia cavallerizza e così quella che si suole dare ai regi ufficiali si suole esigere dai massari dei casali di questa città di Napoli secondo dei detti massari e secondo il numero delle para di buoi che tengono alle masserie iuxta la detta nota della scrivania di ragione e poiché il detto numero può aumentare e diminuire secondo i tempi e occorrenzie siamo di parere si ordinasse all'ufficiale dello scrivano di ragione che assiste in detta regia cavallerizza che in ciascun anno per tutta la metà di marzo scriva ai camerlinghi di detti casali quali godeno la franchigia di loro persone e bovi per detta servizio che per tutto il venti del detto mese di marzo ciascuno di essi porti fedi vere integre sottoscritte de loro mani e dai sindaci di detti casali sapendo scrivere e in caso capitani per mano ... per la quale fede si dichiari il numero dei massari e bovi aratorii ciascuno dei detti casali distinti e particolari e della quantià della paglia che dovranno .... dette fedi ..... ufficiale dello scrivano di ragione debba in ciascun anno cavare due liste sottoscritte di sua mano di ciascun casale delle paglie si avranno da esigere da chi che quantità .....delle quali liste sottoscritte .... una resti in potere del detto montiero per fare la esazione e un'altra debba inviare al .... acciò che con quella si possa domandare il debito conto al detto montiero avvertendo che nelle fedi si faranno per detti camerlenghi si debba dare ragione della differenza che ....tra la ... lista data per la scrivania di razione e quella che si darà per essi camerlenghi acciò si sappia la ragione dell'aumento o diminuzione che ci fosse e questa diligenza si avrà da fare per il presente anno .... perché negli anni seguenti ... si avrà da notare la cedola differente ... che si ... e quella dell'anno precedente. Item distribuite dette liste.... ufficiale dello scrivano di razione e montiero daranno ordine ai detti camerlinghi che per tutta la metà di giugno seguente di ciascun anno che in detta cavallerizza ritornino i puledri... condurre la metà della paglia di orgio ... per detti puledri e da allora in poi per tutto il detto mese di giugno la integra restante quantità di detta paglia di orgio che sarà necessaria per detta cavallerizza e per tutto il mese di settembre di ciascun anno la integra quantità che ciascun casale dovrà in paglia di grano. Item che dal montiero con intervento del detto ufficiale di scrivania di razione abbia da esigere e percipere detta paglia di orgio come di grano con formali liste .... e da quella fare consegnare ai suddetti ufficiali quella quantità che a ciascun deve dare... della scrivania di ragione che ... in ciascun anno e il resto debba fare pervenire in la detta cavallerizza per ordine di quella. Item che detto numero fatto libero lucido e claro di tutta la paglia che confacente a dette liste riceverà notando con quello per nomi e cognomi quelli che le daranno casale per casale per via di introito e per via di esito particolare....
Aprile 1594..... A noi è stato presentato memoriale del tenore seguente: L'Università e gli uomini di Ottajano fanno intendere a V. S. I. come spesso vengono in detta terra diverse sorte di commissari, barricelli, algozini e esecutori e precise di questi che attendono alla persecuzione dei fuoriusciti vogliono il vitto senza pagamento e quando .... comandano infinito numero di gente bagaglie fandosi diverse estorsioni con e non si contentano delle case ... e taverne che sono in detta terra, pertanto supplicano V.S. resti servita concedersi patente sopra di ciò non siano molestati ...... Noi inteso il tenore del preinserto memoriale ....... che occorrendo andare essi o alcuni di essi in detta terra di Ottajano, ancorché li sopraggiungesse la notte, non debbano in modo alcuno alloggiare ma debbano andare nelle taverne di detta terra di Ottajano e non essendoci taverne debbano andare nelle taverne convicine nelle quali con loro denari potranno essere facilmente .... tutto quello che sarà necessario atteso così con la presente ordiniamo alla Università e uomini di detta terra che non debbono alloggiare in essa li predetti né dargli cosa nessuna sotto qualsivoglia colore e i predetti non li diano molestia ...............
21 ottobre 1782. Da Nicola Carrano. Ragioni per l’Università di Sassano coi fratelli dottor Michele reverendo Giuseppe e Gesué Maria Rossi. “… Fra tai luoghi demaniali propri dell’Università uno vastissimo di ben 300 moggi, chiamato il Cerreto, nel cui ristretto ci sono state e ci sono due pubbliche fontane, la prima detta del Carpine e la seconda dei Pozzi, di uso promiscuo e comune a tutta la cittadinanza : e poco discosto da quello ci sono certi altri luoghi parimenti demaniali dell’Università di circa moggi 1000, nominati la Castagnola, la Tempa di Castagnola, il Peglio ed i Guallarelli. Ora in questi terreni demaniali dell’Università appunto, senza curare il necessario consenso e permesso di Colei, che per validarsi, oltre la pubblica conclusione, aveva essenzialmente bisogno anche del Decreto di expedit sto della Regia camera, vallato di Regio assenso, ebbe l’accortissimo medico D. Pietro Rossi, avolo degli attuali rei convenuti, nei principi di questo Secolo l’abilità di cominciare a far delle notabili occupazioni, portando poi la cosa ad eccessi grandissimi i di lui Eredi e discendenti. Fece dunque egli il D. Pietro Rossi capo dalla casa dell’allor Duca di Diano, di cui godeva il pieno favore e la protezione, riportando da quella da tempo in tempo quattro invalide concessioni, in quei sereni terreni appunto demaniali dell’Università, come se essi fossero di proprio dominio di quella Casa e non già di natura pura demaniale dell’Università di Sessano col peso di piccioli annui renditi; e credé di assicurarsi nel nullo acquisto con ottenere su quelle concessioni, come se fossero di roba feudale del Barone, il regio assenso dall’abolito Collaterale Consiglio. Cominciò dunque il medico Rossi ad ottenere siffatte invalide concessioni dalla casa di Diano nell’anno 1703. Ricorse egli allora con memoriale a D. Giovanni Maria Calà, che pretendono gli avversari essere allora vicario generale dell’allor Duca di Diano, benché non abbiano provato tale caratteristica; e quando anche si sia da essi provata, la sua facoltà non si sarebbe estesa a far si prodigali concessioni. Chiede dunque D. Pietro Rossi a D. Giovanni Maria Calà, che gli concedesse nel luogo detto Castagnole un tomolo e mezzo di terra per tenerla per uso di erba o sia di parto e difenderselo; e già l’ottenne con rescritto del 28 novembre di quell’anno 1703, col peso dell’annua corresponsione perpetua di annue grana cinque alla Camera baronale. Nell’anno poi 1705 e propriamente il 17 aprile, lo stesso medico Rossi ricorse al Marchese di Ramonte D. Marcello Calà e disse che per servizio della massaria delle sue vacche, che teneva nel luogo detto il Cerreto, il quale bugiardamente asserì essere feudale della camera baronale di Diano, aveva colà alcuni gavati di legno per poter raccogliere l’acqua dalla fontanella del Carpine ed abbeverare così quei suoi animali; ma siccome quelli portavano il peso e il dispendio continuo del loro mantenimento, giacché erano soggetti facilmente a corrompersi e guastarsi, così domandò egli, affine di raccogliere con maggiore comodo tale acqua per quell’uso, il permesso dal Calà di costruire quivi un pilaccio di fabbrica per introdurre in esso l’acqua di quella fontana per uso della prefata di lui massaria, cercandolo privativo per sé. In vista di questo memoriale il Marchese Marcello Calà concedette al Rossi per uso della mandra delle sue vacche, ed ai di lui eredi la facoltà di erigere il pilaccio di fabbrica privativo quo ad alios col peso di pagare alla di lui Camera un solo carlino annuo, dando la facoltà al di lui Vicario Generale D. Giovanni Maria Calà di estenderne il privilegio e la concessione in forma valida ......
10 novembre 1842. Il Comune di San Gennaro conta meglio di tre mille abitanti intimamente riuniti e congiunti tra loro e raccolti in un medesimo luogo e aventi e tetto e proprietà ed ogni maniera di sociale esistenza in comune. Dopo lunghissima dipendenza da Palma, e dopo aver patito tutti i soprusi che vi vanno congiunti; dopo di aver sopportato e tutto fatto per meritare quella emancipazione che indarno invidiavano a piccioli gruppi di uomini ed a comunità di mille ed anche di cinquecento viventi; dopo queste ed altre cose che non occorre ricordare, ebbe ancora a combattere innanzi a tutte le autorità del regno nommeno di tre lustri per essere elevato alla dignità politica di comune e raggiungere il sospirato bene di una propria comunale amministrazione. L’amministrazione e gli uomini di Palma che avevano frapposti tutti gli ostacoli alla emancipazione dei già loro conterranei riceverono ed eseguirono con rassegnazione il real decreto della separazione amministrativa, ma con passiva e nuda rassegnazione e come si riceve una condanna. Decorre appena l’anno del dì della separazione incominciata il 1° gennaio del 1841 ed i Palmesi impazienti di menomare il più gran bene di San Gennaro e di distruggere alla radice la comunale rendita di detta comune; quale rendita nella separazione fu considerata e ritenuta come dote, e fu per condizione sine qua non della elevazione a comune; immaginano di fondare una fiera nell’ambito del proprio suolo, vale a dire a meno di un moggio dal luogo dove nel suolo di San Gennaro si celebra ogni anno quella anch’essa detta di San Gennaro dal Santo titolare in onor del quale fu inaugurata sono oltre a due secoli. Qualunque fosse stata la semplicità della esposizione e la cura di nascondere il disegno ed il fine della proposta, ed ancorché si fosse dimandata per i giorni 4 ad 8 di settembre, pure risultava evidente il secreto pensiero dei Palmesi di danneggiare o distruggere quella di San Gennaro che si fa dal giorno 17 al 19 di quel medesimo mese. Laonde consultato il comune di San Gennaro ai termini delle leggi e dei regolamenti in vigore, questo con ragionata risoluzione decurionale espose i giusti ed ineluttabili motivi della sua opposizione. Né fu solamente San Gennaro che vi si oppose, ma Saviano, Ottaviano e Nola, i più importanti comuni del distretto compreso il capoluogo, proposero anch’essi i loro fondatissimi richiami. Il Consiglio di Intendenza di Terra di Lavoro, occupatosi dell’affare come di ragione sotto la presidenza dell’Intendente, avvisò con unanime risoluzione, di non potersi aderire al voto dei Palmesi, perché la fiera sarebbe stata di grave pregiudizio ai comuni limitrofi e soprattutto a quella di San Gennaro, che si tiene in quel comune nei giorni 17 e 19 del medesimo mese. Devesi quindi invitare il decurionato di Palma a prescegliere un tempo più lontano a quello in cui si fa la fiera di San Gennaro, sentendosi nuovamente i comuni vicini. Certamente che compreso da stupore chi legge dirà, ma di certo che i comuni di San Gennaro, Saviano, Ottaviano e Nola si saranno energicamente opposti e risentiti dell’oltraggio, ed il Consiglio di Intendenza si sarà negato di dare ascolto a quella proposta. Quei comuni hanno reiterato le loro opposizioni con più energia e ragione di prima, ma nullameno, il Consiglio predetto obliando forse il fatto proprio o per tutt’altra cagione, dichiara di non reggere le opposizioni dei comuni opponenti, essere ben fondata la dimanda dei Palmesi ed avvisa perché la fiera abbia luogo nei giorni determinati dal decurionato. In questo stato di cose, S. E. il Ministro degli affari interni rinvia alla Consulta di Stato per avere un solenne e grave giudizio sull’affare, e noi in difesa del nuovo comune e a dileguare la tempesta che minaccia tremila cittadini, rassegniamo queste poche pagine con le quali intendiamo dimostrare: 1) che rigorosa giustizia vuole che la fiera la quale si vuole fondare da Palma deve essere rinviata ad un’epoca lontana da quella nel comune di San Gennaro che viene tenuta nei giorni 17 a 19 di settembre di ciascun anno; 2) che prudenza e previdenza amministrativa vogliono la stessa cosa; 3) che il fatto anteriore della pubblica amministrazione esclude così i primi che i secondi voti del comune di Palma ……. Noi non narriamo favole e non creiamo ipotesi, diciamo fatti risultanti dall’incartamento (meno la deliberazione decurionale di Nola che tre volte è sparita) e ad essi ci riferiamo. L’Intendente come amministratore supremo della provincia ed il Consiglio di Intendenza da lui presieduto trovarono ingiusto ed imprudente che Palma fondasse una fiera in vicinanza di quella di San Gennaro a soli pochi giorni di distanza. Esistono il rapporto dell’Intendente e la deliberazione dl Consiglio; poco dopo Palma, invece di uniformarsi o reclamare alle autorità superiori, torna alla dimanda e quasi dileggiasse, propone la fiera per i giorni medesimi in cui si fa quella di San Gennaro. Quel medesimo Consiglio intanto con insolita e non mai udita mentita a se stesso, consente, applaudisce e respinge i reclami di 5000 cittadini che messi nel raggio di poche miglia hanno diritto di opporsi e si fa scudo del parere di una popolazione minore rappresentata dai comuni di Carbonara, Saviano, San Paolo, Livari, Quindici, Lirico, Migliano, Poggiomarino, Bosco Reale, Casoria, Secondigliano, Caivano, Casalnuovo, Licignano, Pomigliano d’Arco, Afragola, San Pietro a Paterno e Cardito, altri comuni di popolazione molto minore di quella contradicente i quali, perché fuori il raggio legale, non avevano ragione di opporsi e non si opposero. Bisogna essere cieco della mente per non vedere il fine di quella non prescritta interpellazione. Secondo le misure autentiche dell’uffizio Topografico del regno, la distanza dei soli primi otto comuni quasi tutti villaggi di poche migliaia di abitanti, sono infra il raggio; ma Torre Annunziata, Casoria, Secondigliano, Caivano, Casalnuovo, Lucignano, Pugliano, Fragola, San Pietro a Paterno e Cardito sono tutte fuori e si sono con grandissima malizia interpellate in luogo di Somma, Sant'Anastasia, Domicillo, Lauri e Marigliano e molti altri comuni i quali si sarebbero sicuramente opposti, laddove fossero stati come era debito consultati. Premesse dunque tali cose e tutte le ragioni evidentissime che vengono in appoggio dei richiami San Gennaro, si ha tutta la speranza di ottenere il rigetto della dimanda ed il rinvio della fiera a tempo lontano. F.to Matteo de Augustinis.
Il principe di Stigliano possedeva tra il suo stato di Mondragone un continente di terreni pantanosi detto Paneta e Panetella demaniale del feudo, di tal che i cittadini di Mondragone avevano il diritto di pascere in esso. Di detto pantano ne aveva fatto una difesa, vi teneva bufala propria con propri stigli di pagliara e affittava tutto con l’inventario. Nel tempo stesso l’Università di Mondragone possedeva confinante altro pantano suo demaniale … e l’affittava anche per pascolo di bufale. Negli atti vi è lo strumento di affitto fatto dall’Università nel 1617 per anni otto per lo staglio di ducati 290 ad un tal Francesco Pucci… Nel 1620 del demanio del feudo detto Paneta e Panetella e del demanio dell’Università, ambedue dai rispettivi padroni destinati ad uso di difese per pascolo di bufale in tutto l’anno, si formò un corpo e una difesa, poiché dovendo il Principe di Stigliano fare assegnamento in beneficio di sua nuora, per fare il pieno si fece cedere dall’Universitù detto demanio. A dì 6 ottobre di detto anno 1620, certi procuratori di certi asserti Sindaci di Mondragone cederono l’affitto di detto demanio al Principe … ed il Principe in escambio rilasciò all’Università una ingiusta esazione di ducati 166 che su di lei annualmente faceva; e per farsi il pieno dei docati 290 estaglio del precedente affitto del 1617, che ancora durava, aggiunse una casa diruta, come dall’istrumento …. Nel 1621 il Principe di Stigliano diede in solutum col patto della ricompra detti demani convertiti in difese alla vedova Duchessa di Mondragone. Costei scrisse suo erede Don Domenico Caraffa fratello del Principe di Stigliano e li demani passarono in di costui beneficio. Questi nel 1681 affittò detti demani nella pertinenza della terra di Mondragone con tutte le pagliare, che servono per l’uso di massaria di bufale e loro custodi, con tutte le bufale e stigli per anni cinque per lo staglio di docati 1000……. Nel 1690 lo stato di Mondragone fu venduto dal fisco al Marchese di Clarafuonte con la giurisdizione in tutto il territorio: del medesimo si specificarono i confini, che chiudono in mezzo Paneta e Panetella, come chiaramente appare dalla relazione di apprezzo e dall’offerta…
8 aprile 1771. Ufficio di catapano nella città dell’Aquila. In primis che il magnifico Catapano di detta città dell’Aquila debbia in vigilare che li infrascritti capitoli si osservino inviolabilmente da tutte le persone così cittadini come forestieri abitantino in detta città dell’Aquila e suo territorio e distretto ……… Item che le suddette strade così maestre come stradette siano vacue e libere, di modo che per quelle si possa liberamente passare con carre, carrette, some, ed ogni altra cosa, senza impedimento alcuno sotto pena di carlini due da pagarsi da chi darà causa di detto impedimento con fare levare l’impedimento suddetto a sue proprie spese. Item che tutte le strade dentro detta città dell’Aquila si debbiano ogni sabato a sera nettare e pulizzare e portare l’immondizia nelli luoghi soliti sotto pena di un tarì …. Item che nullo pellicciaro o qualsivoglia altra persona ardisca nella piazza ovvero nelle strade dell’Aquila buttare fodera o corie, pelle e se alcuno contra farà paghi di pena tre carlini per ciascuna volta. Item che li corpi di animali morti si buttano fuori dalla città per li patroni di essi animali, ovvero li compratori di essi lontano dalle mura della città per canna cinquanta, né vicino alle mura della porta della città né in alcuno fiume o rivo d’acqua per la medesima misura e se qualcuno lo farà sia tenuto alla pena di carlini venti per ciascuna volta…. Item che qualunque persona che tenesse cani, scrofe e porci in tempo che le uve sono maturate, debbiano appendere l’ancino al collo di essi e chi qualunque contro farà paghi di pensa soldi cinque e se alcuno troverà porco, cane o scrofa nella sua vigna piena possa liberamente ucciderlo e la metà della carne sia sua e l’altra metà del magnifico catapano e non potendolo uccidere il principale di detti animale paghi di pena grana dieci, con pagare il danno al paziente da starsene al giuramento del denunziante, e questo abbia luogo fuori le mura della città…… Item che tutti li macellari debbiano tenere li pesi giusti cioè rotoli e mezzi rotolo e libra marcati e sigillati con il suggello della comunità sotto pena di un carlino per ciascuno però che si troverà e per ciascuna volta che sarà trovato. Item che detti macellari debbiano tenere la bilancia giusta e netta e fare giusto peso ad ognuno e chi contrafarà paghi di pena carlini due per ciascuna volta. Item che detti macellari debbiano vendere le carni a quelli prezzi che li saranno stabiliti e ordinati dai magnifici del Governo o grassieri e chi contrafarà paghi di pensa carlini due per volta. Item che detti macellari non debbiano masticare una carne con l’altra nel vendere sotto pena di carlini due per ciascuna volta e non debbiano pesare teste, corata né piedi sotto detta pena. Item che nessuno di detti macellari ardisca vendere carne infetta o mortacina di nulla sorte sotto pena di un docato per ciascuna volta. Item che nessuno di detti macellari possa tenere trippe o sangue nelle banche sotto pena di carlini due per volta…. Item che nessuno di detti macellari tenga carne porcina ovvero scrofina in quella banca o luogo dove tengono la carne castratina o porcina o d’agnello, ma la debbiano tenere separata l’una dall’altra e chi contrafarà per ciascuna volta incorra alla pena di un tarì.