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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 31/07/2011 @ 16:39:46, in articoli, linkato 7473 volte)
Io le scrivo da Isola di Sora importante comune del Napolitano posto all’estrema frontiera del Regno che tocca i confini meridionali dello Stato Pontificio e distante non più di un chilometro e mezzo da Castelluccio che nel giorno cinque del mese volgente fu saccheggiato e in parte incendiato da quei briganti che scorazzavano liberamente su pei monti che separano il nostro territorio da quello del Papa. Fino a qualche mese addietro la riunione di pochi briganti assoldati dal Borbone e raccolti sotto la bandiera di Chiavone non dava grandi apprensioni alle nostre popolazioni, per lo che il valore dei nostri soldati ci assicurava contro qualsiasi tentativo dal lato di quei banditi, ma la presa e l’incendio di Castelluccio, il saccheggio e l’incendio di San Giovanni Incarico (a), il correre audace di costoro da un punto all’altro delle nostre frontiere, senza che le nostre truppe continuamente in marcia valessero ad impedirlo, ha scoraggiato l’animo di ognuno, e si palpita ad ogni istante che quei medesimi eccessi di Castelluccio e San Giovanni Incarico si ripetano, quando meno si crede in più grandi proporzioni sopra altri paesi più importanti e singolarmente sopra questa mia patria Isola di Sora , sopra Sora e quante altre città o borghi si distendono lungo la frontiera. E questo timore non è già senza reale fondamento. I pochi briganti di Chiavone ora sono divenuti moltissimi ed ogni dì se ne aumenta il numero con le continue spedizioni che muovono da Roma, la Coblenza dell’età nostra. Se ne contano presso a quattrocento in sui monti di Fondi poco lungi da Terracina, altrettanti verso Carsoli nella frontiera dell’Abruzzo Ulteriore e circa 300 sui monti tra Veroli e Sora. Nuovi rinforzi giungono di giorno in giorno, e quando fra non molto saranno tutti raccolti ed ordinati cominceranno le loro operazioni lungo tutta la linea dei confini............ Per dimostrare poi l’importanza che ella deve attaccare al brigantaggio di queste contrade basterà solo che le accenni che nella notte del 22 al 23 del mese corrente furono catturati (ed abbia questa notizia come ufficiale) dalla guarnigione francese stanziata in Veroli 150 briganti sul territorio fra Veroli ed Alatri ove attendevano altri rinforzi da Roma per indi muovere ad ingrossare la banda di Chiavone sui nostri confini. Non ancora erano giunte tutte le armi spedite da Roma, ma pure avevano con loro venti fucili con bajonette, due cannoni da campagna con le corrispondenti munizioni, 50.000 cartucce, istrumenti cerusici ed una farmacia militare. Erano fra essi sei Uffiziali. Ora sono in Veroli prigionieri dei Francesi: ma io ho pure fermo che saranno consegnati alle autorità pontificie, e quindi immediatamente liberi perché ritornino immantinente a rafforzare l’esercito della reazione. Mi servo di questa espressione perché è quella che meglio conviene a rendere la mia idea. Queste bande che prima erano scarse e male ordinate e che ora si fanno numerose e disciplinate, che prima non avevano direzione ed erano male armate ed ora hanno Ufficiali esperti, armi perfezionate , cannoni, munizioni a dovizia, ufficiali sanitari, queste bande non sono più i pochi briganti che un tempo seguivano Chiavone o Mattei o Giorgi , o altri capi di siffatta risma, ma sono un’accozzaglia di banditi di tutte le parti del mondo e formano l’avanguardia della reazione europea che cerca scagliare i primi colpi in un terreno mobile per suscitare una guerra civile prima in Italia e poi in altre parti di Europa, dalla quale lotta i principi di legittimità potrebbero uscire trionfanti, e le cadute dinastie e l’agonizzante papato risorgerà un’altra volta e dominare come per lo passato.... Vedrebbero rinnovarsi a loro danno i saccheggi, gli incendi e le uccisioni di Castelluccio, d’Isoletta, di San Giovanni Incarico. Tocca al Governo scongiurare tanti pericoli, ad esso incombe procedere energicamente alla nostra sicurezza. Mandi dunque più armati in questo confine, faccia disporli, non già in paesi interni, ma in quei che sono propriamente nell’estrema frontiera; vi associ dell’artiglieria, non si dimentichi organizzarvi un servizio di cavalleria per corrispondenza e pattuglie. E tutto sia presto, perché le nostre condizioni sono gravissime, e sono in forze le nostre vite e le nostre sostanze..... Isola di Sora, 24 novembre 1861.
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Di Admin (del 27/07/2011 @ 07:59:41, in articoli, linkato 770 volte)
- Nel momento il generale Garibaldi è nel Cilento dopo aver sostenuto le sue milizie due fatti d’armi presso Reggio con le truppe regolari, uscendone come al solito vittorioso. – Mercoledì sera il chiarissimo cittadino Giovanni Nicotera è stato in Salerno, ove si recò per ordine di Garibaldi. Egli spedì messi in Napoli e subito ripartì alla volta del nostro Eroe. – La stessa sera di mercoledì l’infame consorteria rattazziana faceva arrestare varii deputati, fra i quali Fabrizij e Mordini che si trovano nel Castello dell’Uovo: ecco in che modo i signori governanti trattano i rappresentanti dell’Italia, che sangue, denaro, averi tutto ànno profuso per la patria! Ma l’ora della intera redenzione è suonata: o a Roma con Garibaldi o morte. – E’ tanto il terrore che l’Uomo della Provvidenza, l’Eroe Garibaldi à messo nelle vene dei pagnottisti, che dal Lamarmora in giù, non pochi consortisti àn fatto il loro fagotto e sono pronti ad imbarcarsi non appena che Garibaldi sarà in Napoli, che come pare dovrebbe trovarvisi non più tardi di lunedì 1 settembre. Fra i tanti a partire ci è Carlo Aveta ed il segretariuccio d’Amore. – Ieri correvano le più strane dicerie per Napoli, Francesi ai confini, Bavaresi e simile canaglia nelle Puglie, ma ora che Garibaldi è con noi non paventiamo nessuno. Il Sire di Francia à ora da fare col leone e non con l’anima venduta d’un Rattazzi. – Il governo sta trattando i prodi del Volturno come assassini e peggio. Egli si serve dei postali per mandar truppe in queste province, privandoci così di ogni corrispondenza, ma noi che vogliamo l’Italia una ad ogni costo non ci arresteremo in faccia alle bajonette, che ci duole il dirlo, pur sono fratelli nostri, che contro noi l’impugnano ma per Dio ai Napoletani che sono veri e buoni Italiani non s’impera col fucile e col revolver e bene l’abbiamo mostrato nel fatto di martedì sera, in cui il sangue dei fratelli Calicchio à bagnato il suolo e domanda pronta e severa vendetta. – ..... – Un vapore mercantile, che aveva a bordo una compagnia comica diretta per Palermo, allorché è arrivato alle bocche di Capri, è stato costretto a ritornare nel porto per ingiunzione ricevutane dalla flotta inglese in crociera in quelle acque. --------------- Ecco il proclama che à pubblicato il generale Garibaldi al momento di lasciare Catania: Italiani, Il mio programma è sempre lo stesso. Voglio per quanto da me dipende, che il Plebiscito del 21 ottobre 1860 sia una verità, che il patto segnato fra Popolo e Re riceva piena esecuzione. Io mi inchino alla maestà di VITTORIO EMMANUELE RE Eletto dalla nazione, ma sono ostile ad un ministero che d’italiano ha solo il nome, d’un ministero il quale per compiacere alla Diplomazia ordinò nel mese di maggio gli arresti ed il processo di Sarnico, come oggi provoca la guerra civile nel mezzo giorno d’Italia per assicurarsi le buone grazie dell’imperatore Napoleone. Un ministero siffatto non può, non deve essere più oltre sopportato. Inganna il Re, lo compromette come fece col proclama del 3 agosto, coll’ostinato municipalismo spinge al distacco le province meridionali, tradisce la Nazione. La livrea di padrone straniero non sarà mai titolo di stima di onore per alcun ministero fra noi. Quand’io sbarcai in Sicilia, la generosa Isola stava sul punto di far sentire lo scoppio della sua disperazione...... L’amore e la buona amministrazione dovevano essere i fattori dell’Unità Italiana. I municipali prefersero l’opposta via. Odio seminarono e odio in larga dove raccolsero. Insensati! Vogliono, lo so, la guerra civile per aver campo di spegnere nel sangue l’avvenire della libertà e offrire vittime accetto sull’ara del dispotismo. Io non consentirò per altro che si compiano gl’immani desiderii. La formula del Plebiscito salvi un’altra volta l’Italia. Cessi ogni preoccupazione locale di fronte al gran concetto unitario....... Il pensiero e l’azione di tutti i patrioti s’hanno da volgere esclusivamente alla impresa liberatrice di Roma. Il resto a poi. A Roma dunque, a Roma. Su prodi del 48 e 49, su gioventù ardente del 59 e 60. Correte alla Crociata Santa. Noi vinceremo ...... Grandi speranze suscitammo nel mondo colla nostra rivoluzione. Bisogna più e più sempre giustificarle. Son certo che il popolo italiano non mancherà al suo dovere. Così fosse fin da ora a noi compagno il prode Esercito nostro. Italiani! Se qualche cosa io feci per la Patria, credete alle mie parole. Io sono deliberato o di entrare a Roma vincitore o di cadere sotto le sue mura. Ma in questo caso stesso ho fede che voi vendicherete degnamente la mia morte e compirete l’opera mia. Viva l’Italia! Viva Vittorio Emmanuele in Campidoglio! Giuseppe Garibaldi. Da Catania.
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Di Admin (del 19/07/2011 @ 20:21:54, in articoli, linkato 2796 volte)
Fin dalla prima parte dell’Ottocento Capri viene inserita, al pari delle isole di Ischia, Ponza, Ventotene, Tremiti, Favignana ed altre tra le sedi deputate a fungere da domicilio coatto per delinquenti di ogni ordine e grado in omaggio al principio secondo il quale la riabilitazione umana viene facilitata lontano dal luogo abituale in cui si vive. Non sempre l’auspicio, sotteso al provvedimento legislativo, si realizza, stando alle risultanze generali del casellario giudiziario relativo a quanti ne subiscono l’esperienza concreta sulla propria pelle, screziata, per lo più, da successive prove carcerarie più dure e più sofferte. Non a caso la relegazione caprese, pur essendo soggetta ad una vigilanza assidua, non presenta alcunché di vessatorio, anzi obbedisce ad una serie di norme di rieducazione personale con l’aggiunta del sussidio di un carlino quotidiano pro capite ad ogni ospite della colonia, erogato anche dopo l’unità d’Italia. Ne vive in pieno le due stagioni politiche il Delegato della Pubblica Sicurezza, addetto alla direzione dei condannati al domicilio coatto, Augusto Cucchini, originario di Udine. Infatti, egli, proposto nel 1859 in questo ruolo, si vede prorogato nella carica dalle autorità del successivo regime e ne espleta gli oneri senza alcuna insolita preoccupazione. Eppure scoppia, nel bel mezzo di questa tranquilla tranche de vie, allietata dallo spettacolo paradisiaco dell’isola, un articolo velenoso, intitolato “Carica alla bajonetta” e pubblicato sul giornale “L’Arca di Noé”, n. 300, il 4 novembre 1864, a firma del direttore – proprietario P. Alessandroni. Il tono, altamente censorio, si risolve in un duro attacco alla onestà del Delegato, accusato di estorcere, anche con il ricorso alla violenza, ad ogni detenuto una parte del sussidio, come si evince dalla riproposizione dell’intero testo: “Esco in un momentino da Napoli e vado ad appollaiarmi su quell’omiopatico pezzo di terra circondato dalle acque salate, descritto da Cornelio Tacito, abitato da Tiberio, turlipinato (?) da Alessandro Dumas ed adibito dalla Legge Pica e da Ferdinando Bomba, come luogo di pena , parlo dell’isola di Capri. Da una delle più distinte e brave persone, che mi onora della sua amicizia, mi è stata regalata la presente descrizione fotografica dell’isola di Capri. Sappiate che questa descrizione è palpitantissima di attualità. Nell’isola attualmente vivono sotto il beneficio influsso del domicilio coatto una cinquantina di Siciliani ed una decina di Abruzzesi. Nel tempo della dominazione romana Capri era abitata da Sejano; oggi, invece di Sejano, Capri ha il piacere di chiudere nel suo ambito il Sig. Augusto Cocchini, Delegato di Pubblica Sicurezza; e vi so dire che il Sejano moderno non fa torto al Sejano antico. I Relegati, ossia coatti, percepiscono un carlino (pari a centesimi 42) al giorno. Il Signor Cocchini, speculando sulla sventura, ha trovato un modo facile e legale di diminuire di tre grana (pari a tredici centesimi) questo povero carlino. Se il coatto non si rassegna a questa camorra, il Signor Delegato Cocchino disfrena i dardi della sua amministrazione e povero chi ci capita. Oltre alla camorra, or ora divisata, sull’isola di Capri si ha il vezzo anche di bastonare; in effetti, nel giorno 25 ottobre 1864, le Guardie di Pubblica Sicurezza, dipendenti del Signor Cocchino suddetto, non saprei dirvi per quale pretesto, diedero le legnate (dico legnate) ad un certo Mazzola, Guardia Doganale”. L’interessato, ritenendosi offeso nella sua dignità di uomo, risponde immediatamente, il 10 novembre 1864, allorché viene a conoscenza dell’affronto, con un suo scritto, dal titolo “L’impostura e la bugia hanno le gambe lunghe” e dal sottotitolo “Risposta all’articolo Carica alla bajonetta dell’Arca di Noè n. 300”, nel quale bolla l’avversario “vile calunniatore” e l’articolo “infame a carico di galantuomini ”. Nello stesso tempo vi acclude a sua discolpa le testimonianze di tutti gli ottanta detenuti e di quanti prestano servizio al suo fianco. La sua segreta speranza di una netta rettifica o di una secca smentita dell’accusa con la rivelazione della fonte anonima si vanifica dopo tre giorni, allorché per l’isola si aggirano alcune persone ignote, intente ad interrogare i detenuti se davvero hanno percepito quanto dovuto. A questo punto la questione viene affidata alla magistratura e Capri entra, suo malgrado, nella cronaca per colpe non sue.
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Di Admin (del 14/07/2011 @ 22:38:44, in articoli, linkato 1362 volte)
Se calpestando ogni diritto divino ed umano, volontario ti cacciasti nelle lordure della rivoluzione ed ora trascinato sulla sua corrente sei per la china a subirne la finale catastrofe; se dopo l’assassinio dei Sovrani e dei Popoli d’Italia per cui hai versato fiumi di sangue innocente, hai steso la mano sacrilega alla Casa di Dio e sui popoli traditi riducendo il nostro sventurato paese una squallida prigione di miseria, ti lusinghi colle riviste militari, con i viaggi e le procurate feste illudere ancora i Napoletani ad addormentarli nella dura servitù per puntellare il tuo usurpato e cadente potere ….. t’inganni. Ad onta delle barbare leggi, dei voti satelliti che ti circondano e delle bajonette che supponi ti possano difendere … non siamo un popolo di schiavi, noi fra i ceppi ed il patibolo franco ti parliamo, come si conviene se un uomo che si è messo fuori da ogni legge. Dopo lunghi anni di calamità e di dolorosa esperienza, l’illusione è svanita, l’inganno si è dileguato, il tuo riapparire fra noi equivale a quello d’infausta cometa apportatrice di nuove sventure che le piaghe sanguinanti dell’infelice Patria nostra rimuova! Che dunque pretende da noi? Le nostre sostanze? Se si tutte rapite! La nostra proverbiale prosperità? Non vi è che lo squallore! La nostra gioventù per lanciarla in guerra fratricida? E’ tutta in armi per le campagne a pugnare contro la tua usurpazione! Le nostre acclamazioni? Le avrai se da ottantamila prigionieri politici, da duecentomila famiglie che hai ridotto alla mendicità, dal clero tutto incatenato e proscritto, da dieci milioni di uomini insomma cui non hai lasciato che l’ultimo anelito di vita e questo ti maledice ed impreca quale flagello di Dio. Credi forse di regnare sulle nostre intestine discordie? Sappilo che se pur divisi in tutt’altro siamo però tutti concordi nell’odiarti, ché tutti hai tradito ed oppresso! Che se a tal grado di brutalità e di barbarie sei giunto da non sentire il rimorso delle tue nefandezze, onde hai emulato e vinto tutti i sovrani, tutti i più grandi scellerati della storia, non ti lusingare però che le feste ufficiali che per te si fanno collo stremo dei sudori e del sangue dei popoli o imposte dal terrorismo dei tuoi spietati manigoldi siano contrassegno di simpatia e pubblica gioia! No, sono un prato fiorito nel quale si nascondono velenosi rettili! Sono una amara ironia, un solenne oltraggio che gli stessi uomini del potere per sordido profitto o per covrire enormi furti, fanno alla tua odiata persona! Sappilo, l’Europa civile, la Diplomazia, il mondo intero hanno portato il loro severo giudizio sulle opere nefande del tuo infernale governo e sulle nostre giuste querele. Poc’altro e col nostro compiuto trionfo l’Italia sarà libera dalla sua importuna esistenza sappilo, non si conculca impunemente la giustizia né gli interessi e la pace dei popoli! Dileguati dunque presto dal nostro sguardo ché questa classica terra tanto da te straziata sotto i tuoi passi ti ributta ed abomina! Dileguati mentre noi anche una volta abbiamo la soddisfazione di ripetere lo storico grido: viva l’Autonomia e l’Indipendenza delle Due Sicilie.
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Di Admin (del 14/07/2011 @ 22:16:18, in articoli , linkato 860 volte)
E dell’Eroe di Caprera chi potrà mai cancellare il portentoso nome nella storia di questo luminoso secolo, in cui mondialmente propagato echeggia l’inno del suo popolare attaccamento per l’italica autonomia sostenuta col sacrificio di tanti valorosi che traditi dall’usurpatore Savoiardo vanno profughi e raminghi per tutta la terra col veleno nel cuore aspettando impazienti il rombo della controrivoluzione per vendicarsi dei traditori piemontesi? Ah si che il nome di Garibaldi vivrà in eterno nella successione dei secoli, tanto più che non amava l’adesione del Regno delle due Sicilie al Piemonte, di cui ne sa per l’indole usurpatrice dietro ne mosse controrivoluzione e ne fanno incontrastabile testimonianza i fatti d’Aspromonte ove fu schioppettato e ferito a morte per ordine dell’usurpato Savoiardo, che ne tradì le promesse. Tra cotanti rinomatissimi seggi di patrii Eroi qual pubblicista patrio Scrittore sarà così di bassa lega, di corta vista, di labile memoria, di pertinace ritrosia da non annoverare al pro degli altri famosa rinomanza dal nome vittorioso di Carmine Donatello Crocco, che gli continuati di sua impareggiabile bravura col suo positivo coraggio e col guerresco genio dello spirito suo ha riportato per lunga serie di sanguinosi attacchi miracolose imprese su formidabile esercito con pochi inesperti giovani che lo circondavano ovunque? Ah! Si che non è egli degno di essere annoverato tra i veri campioni del patrio valore nella storia odierna sul sempremai legale attaccamento all’italico trionfo. E come no per Dio? Eccone inoppugnabile la verità dei primordiali suoi fatti. Tuonò non appena di Garibaldi l’inno redentore, che al metallico elettrico rimbombo di quei incantevoli seducenti accenti il uso cuore si aprì alla gioia di trionfatrici universali italiche franchigie ed il uso petto fiammeggiò di patrio zelo a segno tale da prestarsi come garibaldino proselito messaggero del Comitato lucano, alto elevando il grido di viva l’Italia, via la cittadina libertà, viva Garibaldi prototipo dell’italico splendore. Per quanto egli poté e valse in quei primieri rivoltosi rincontri non risparmiò sudori e fatiche di qua e di là accendendo ovunque il sacro fuoco della patria rivoluzione e sulla consolare di Auletta facendosi avanti al Dittatore Eroe ne meritò dallo stesso i personali applausi ne seguì le progressive conquiste finché cessato non appena la meridionale dittatura e squarciato il tenebroso velo al Savoiardo tradimento ben si avvide che all’intorno tutto se stesso offerto aveva sull’altare della Patria tradita e che in luogo di franchigia e libertà più servaggio ed oppresso rimaneva dalla piemontese tirannide l’italica contrada del Regno di Napoli, poiché aboliti si furono i dittatoriali decreti e non al più echeggiava l’inno di Garibaldi pel compimento della cominciata grande opera, né tampoco parlavasi di italianizzare i popoli ma invece di piemontizzare il regno delle due Sicilie e renderlo schiavo anziché libero sotto il gioco del savoiardo potere. Vide bene egli fin d’allora che tradito si era stato ingiustamente e spogliato del suo legittimo trono Francesco II e con suo Genio dotato di preveggenza futura scoprì l’idea di usurpazione violenta di spoliazione dei popoli ingannati e previde la deplorabile catastrofe delle sventure che orrendamente annotta il cielo di Napoli oppresso sorriso da prima sotto il più bell’aspetto di paese di ricchezza nel governo dei sempremai religiosissimi Borboni. In tali posizioni di deplorabili sventure non più pensò l’indomabile Genio di Carmine Crocco tenere di mira più oltre la garibaldina bandiera perché sciolti ed avviliti si erano i valorosi volontari e che egli medesimo colpito restava di mandato di arresto dopo tanti sparsi inconsiderati sudori. E che far doveva in così inaspettato tradimento di crudele ingratitudine? A chi mai rivolgere doveva i suoi sanguinolenti sguardi? Le sue fallite speranze di libertà cittadina? A chi rivolgersi nei tumultuosi pensieri d’inganno inaudito nell’istoria dei tempi andati? A chi finalmente dedicare e consacrare il valore il coraggio del Suo conculcato spirito fremente di loro dovutagli vendetta? Lo giudica chi ha fior di senno razionale patrio, lo giudica chi sente di onor personale di propria stima, lo giudica pure il repubblicano ardente, lo giudica chi ne ammira i suoi fatti compiuti, lo giudica ben giudicar lo saprà fra non guari d’Italia il prossimo istorico destino.
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Di Admin (del 08/07/2011 @ 17:05:02, in Articoli, linkato 2323 volte)
Nella tradizionale storia dei secoli campioni ed eroi appellati furono coloro che negli sconvolgimenti e cataclismi sociali seppero alta elevare la fama del loro nome sopra la sfera degli ultimi uomini segnalando le di loro prodezze portenti di Genio elevato e mai sempre con degni di ammirevole umano applauso. Per far si che un uomo del Cielo dotato di codesto Genio sublime e portentoso riscuotere possa meritare l’immortalità del suo nome e renderlo famoso alle future genti ed alle imperiture posterità l’è d’uopo che le sue gesta, le sue famose azioni siano universalmente note e manifeste sui pubblici giornali che contrassegnano e trascrivano tali fatti nella compilazione della patria storia. Immortali al vero ed imperituri di famosa rinomanza sono i nomi di Orazio Coclite, di Muzio Scevola, di Furio Camillo, di di Cassio e Bruto, di Siccio Dentato, di Coriolano e Collatino e di quanti altri mai invitti romani Eroi eternarono ai posteri i loro nomi nella Patria memoria per costantemente combattuto e sofferto ogni periglioso malanno. Lunga e quasi infinita sarebbe l’analisi cronologica di codesti umani Geni che in tutti i secoli e in ogni età alto levarono l’accento del loro nome immortale lasciandolo in retaggio ai futuri nipoti e concittadini fedeli, che in ricorrenza di tempo opportuno con entusiasmo patriottico accalorarci per imitare le patrie operate imprese. Epperò ogni Nazione, ogni Regno, ogni popolo, ogni villaggio o contrada viva sempre mai perenne ed immortale consacrò famosa la bravura, il coraggio l’eroismo, il patrio zelo e la costante leale fedeltà dei loro campioni e nella ricorrenza delle sociali riforme riaccesero nei petti dei concittadini l’ira e lo sdegno a riportarne dei conculcati diritti compiuta vittoria contro gli usurpatori. Quindi in ogni secolo i popoli oppressi nelle violenze delle rivoluzioni seguirono coraggiosamente l’uomo del Genio invincibile che di maggior acume ed intendimento dotato li precedeva, consigliava, dirigeva nel tumultuoso movimento rivoluzionario del patrio riscatto, affrontando con decisa determinata volontà, non solo i sanguinosi incontri ed attacchi, ma ancora la fame, il freddo, il gelo, l’intemperie delle stagioni, la privazione di ogni piacere nonché la morte medesima la più orrenda spietata, come Attilio Regolo per riscatto della Patria oppressa contro gli Africani, dopo tanti campestri sanguinolenti combattimenti fu dai medesimi seviziato , torturato, tagliate le palpebre degli occhi, del naso della bocca e tanti altri orrendi supplizi con una morte la più miseramente crudele e col suo proprio sangue salvò la patria e suggellò eterna la sua memoria. E chi per Dio in questo secolo decimonono ardisce negar per poco grato immortale ricorrenza ai campioni invitti della greca ancor fumante rivoluzione, che con tanto sangue stanno rinfrancando la terra dei Pericle, Milziade, Temistocle nell’Areopago città di Atene che per tanti secoli decorsi dettò leggi di civiltà alle europee contrade? Ah si che capi di così fatta greca rivoluzione vivranno immortali alle memorie delle loro succedenti posterità del greco progresso facendo scintillare la luce del primiero valore e splendore del sangue famoso dei greci Eroi. In questo secolo di popolari franchigie cittadine libertà chi potrà mai mettere in dimenticanza il valoroso nome di quei polacchi che fanno rosseggiare del loro proprio sangue le patrie zolle per affrancarsi dalla straniera tirannide orientale, seguendo le orme dell’invito Paniatocchi (sic) che gliene segnò con la sua morte la strada della polacca cittadina nazionale libertà?
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Di Admin (del 01/07/2011 @ 00:34:52, in Articoli, linkato 16745 volte)
Già cominciava a sentire il brontolio dei miei cari lettori e delle mie amabili lettrici per la lunga assenza del povero Pirlone. Perdonatemi rispettabili maschi, femmine, (eccovi una parola che potrebbe figurare nel dizionario diplomatico dei tempi nostri) io sono stato occupatissimo nel passato carnevale in favore del potere temporale. Voi credete forse che io avuto da fare con i grassi pranzi e le laute cene? Oibò queste cose le ho riservate secondo il mio stile canonicale per la quaresima in onore del digiuno ed a maggior gloria del paterno regime. La mia prima occupazione invece è stata di andare per il Corso mascherato da pagliaccio, onde rappresentare più al naturale possibile un certo non so chi, chiamato da quello scomunicato di Lord Palmerston – homme de paille – e per guadagnarmi un poco d’indulgenze in isconto dei miei peccati. Credo che sappiate come in virtù del Papato reale le indulgenze non si guadagnano più come una volta andando al Carnevale santificato, ma frequentando il Corso in onore del Papa – Re, ed ogni confetto scagliato secondo la pia intenzione del Sommo Pontefice frutta un capitale indulgenzario per l’altra vita di quindicimila milioni di secoli col frutto dei frutti come alla cassa di risparmio; per cui io che avrò scagliato circa centomila confetti e più di mille mazzi di fiori vedete che capitale mi trovo depositato presso San Matteo che è il banchiere del Paradiso! Me la rido di centomila diavoli capitanati da S. M. Infernale Squasimodeo, imperatore di tutti gli abissi. L’altra mia occupazione fu lo accorrere ai festini fatti sotto l’ispirazione del governo semidogmatico pontificio! E il vero empireo che il Papa – Re concede su questa terra ai credenti o credenzoni del potere temporale. Chi vi era? … Io non vi saprei dire se fossero più sbirri che preti o più preti che sbirri. Ciò che è certo che in questo empireo invece dei cherubini trovavate gli angeli custodi mascherati in dominò in luogo dei Santi le anime elette di preti e frati mascherati da pulci nella (è un costume che piace assai al clero … non so il perché ..) Ad onta, però, della maschera che ricopriva loro il viso si conosceva subito chi erano costoro, poiché dal ventre sesquipedale era facile dedurre l’amor divino che doveva ardere con altre materie spirituali nei reverendi stomachi di quei reverendi messeri. Tutti procuravano di fare un po’ di chiasso, ma invece veniva fuori un po’ di cinguettio poiché i dominò o per dir meglio gli angeli custodi trattavano de aggrappando, i frati erano internati in discorsi ascetici con qualche mascherina di genere neutro per decifrare alcuni passi oscuri della Bibbia; i preti si occupavano con alcune grisettes de gratia gratis data e sui polli ripieni e sulle ore canoniche sulla penitenza e la mortificazione e sulle Rose di Gerico e le Salamitidi riservate, sul digiuno e sul bisteak cattolico, era insomma la teologia cucinata ad uso carnevale. Dopo la teologia sarà venuto qualche altro discorso più stringente … Chi lo sa … Dio mi liberi sempre dal dir male dei miei reverendi Colleghi – Qui non si fa per mormorare (come diceva il Belli) si dice per dir che … Fra tutti questi preti – sbirri – frati eravi ancora una grassezza secolare serenissima e confinata per lato paterno e materno con qualche figlio Primogenito …. L’orchestra paperealista aveva bisogno anche di un fagotto ed il fagotto fu trovato veramente a modo … Giacché siamo a parlare di orchestra vi dirò che la chiusa fu veramente nuova, perché la celebre aria del – Checco povero Checco – con cui chiudonsi i festini fu accompagnata da un nuovo coro di acci acci, eseguito con una maestria naturalissima dai nasi mascolini a femminini, secolari ed eccelsi astici, sbirreschi e frateschi. Questo nuovo coro era composto dal maestro Stranuto, fece sì che molti gendarmi andassero più in là della nota stabilità loro in questa nuova musica e completassero l’acci con altre due sillabe che formavano un insieme che offese le mie delicate e lunghe orecchie presbiterali. Per cui, tutto rammaricato e pieno di scrupoli, tornai a casa, presi il breviario e cominciai a dire il Deus in adiutorium meum intende, aspettando che giunga il Gloria della fine del mese.
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