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Marzo 1864: il ritorno di Don Pirlone l'anticlericale
Già cominciava a sentire il brontolio dei miei cari lettori e delle mie amabili lettrici per la lunga assenza del povero Pirlone. Perdonatemi rispettabili maschi, femmine, (eccovi una parola che potrebbe figurare nel dizionario diplomatico dei tempi nostri) io sono stato occupatissimo nel passato carnevale in favore del potere temporale. Voi credete forse che io avuto da fare con i grassi pranzi e le laute cene? Oibò queste cose le ho riservate secondo il mio stile canonicale per la quaresima in onore del digiuno ed a maggior gloria del paterno regime. La mia prima occupazione invece è stata di andare per il Corso mascherato da pagliaccio, onde rappresentare più al naturale possibile un certo non so chi, chiamato da quello scomunicato di Lord Palmerston – homme de paille – e per guadagnarmi un poco d’indulgenze in isconto dei miei peccati. Credo che sappiate come in virtù del Papato reale le indulgenze non si guadagnano più come una volta andando al Carnevale santificato, ma frequentando il Corso in onore del Papa – Re, ed ogni confetto scagliato secondo la pia intenzione del Sommo Pontefice frutta un capitale indulgenzario per l’altra vita di quindicimila milioni di secoli col frutto dei frutti come alla cassa di risparmio; per cui io che avrò scagliato circa centomila confetti e più di mille mazzi di fiori vedete che capitale mi trovo depositato presso San Matteo che è il banchiere del Paradiso! Me la rido di centomila diavoli capitanati da S. M. Infernale Squasimodeo, imperatore di tutti gli abissi. L’altra mia occupazione fu lo accorrere ai festini fatti sotto l’ispirazione del governo semidogmatico pontificio! E il vero empireo che il Papa – Re concede su questa terra ai credenti o credenzoni del potere temporale. Chi vi era? … Io non vi saprei dire se fossero più sbirri che preti o più preti che sbirri. Ciò che è certo che in questo empireo invece dei cherubini trovavate gli angeli custodi mascherati in dominò in luogo dei Santi le anime elette di preti e frati mascherati da pulci nella (è un costume che piace assai al clero … non so il perché ..) Ad onta, però, della maschera che ricopriva loro il viso si conosceva subito chi erano costoro, poiché dal ventre sesquipedale era facile dedurre l’amor divino che doveva ardere con altre materie spirituali nei reverendi stomachi di quei reverendi messeri. Tutti procuravano di fare un po’ di chiasso, ma invece veniva fuori un po’ di cinguettio poiché i dominò o per dir meglio gli angeli custodi trattavano de aggrappando, i frati erano internati in discorsi ascetici con qualche mascherina di genere neutro per decifrare alcuni passi oscuri della Bibbia; i preti si occupavano con alcune grisettes de gratia gratis data e sui polli ripieni e sulle ore canoniche sulla penitenza e la mortificazione e sulle Rose di Gerico e le Salamitidi riservate, sul digiuno e sul bisteak cattolico, era insomma la teologia cucinata ad uso carnevale. Dopo la teologia sarà venuto qualche altro discorso più stringente … Chi lo sa … Dio mi liberi sempre dal dir male dei miei reverendi Colleghi – Qui non si fa per mormorare (come diceva il Belli) si dice per dir che … Fra tutti questi preti – sbirri – frati eravi ancora una grassezza secolare serenissima e confinata per lato paterno e materno con qualche figlio Primogenito …. L’orchestra paperealista aveva bisogno anche di un fagotto ed il fagotto fu trovato veramente a modo … Giacché siamo a parlare di orchestra vi dirò che la chiusa fu veramente nuova, perché la celebre aria del – Checco povero Checco – con cui chiudonsi i festini fu accompagnata da un nuovo coro di acci acci, eseguito con una maestria naturalissima dai nasi mascolini a femminini, secolari ed eccelsi astici, sbirreschi e frateschi. Questo nuovo coro era composto dal maestro Stranuto, fece sì che molti gendarmi andassero più in là della nota stabilità loro in questa nuova musica e completassero l’acci con altre due sillabe che formavano un insieme che offese le mie delicate e lunghe orecchie presbiterali. Per cui, tutto rammaricato e pieno di scrupoli, tornai a casa, presi il breviario e cominciai a dire il Deus in adiutorium meum intende, aspettando che giunga il Gloria della fine del mese.
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