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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La vita di Faibano ruota intorno alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, il cui parroco è don Giovanni Iacopo Vittoria. La popolazione, molto religiosa, ammonta a centoquarantotto abitanti. Nella stessa chiesa occupa un ruolo importante l'altare di Santa Maria del Carmelo, che funge da simbolo della confraternita di laici, autorizzata dal vescovo nolano Gallo, il 23 maggio 1614. I maestri di quest'ultima sono Sebastiano Porcello e Giovanni Berardino Calendo.
Reliquario: Il capo e la testa di argento di San Paolino, il petto di legno con una finestra sul petto di argento, in cui si vedono due ossa unite con cera dal braccio di San Paolino. Sulla testa c'è un osso della mascella del capo di San Paolino..... Il pallio e la mitra di San Paolino, ornata di una lamina di piombo. La reliquia di San Massimo, vescovo di Nola, una statua di legno con il capo di argento. Un'altra statua di legno con il capo d'argento e le spatole di argento e con il pluviale di oro di San Quinto vescovo di Nola. Una piccola statua di legno indorata con la faccia di argento e incoronata con una corona dorata di Santa Caterina martire...Trovò due campane grandi, di cui una chiamata la campana vecchia di San Paolino e in essa ....sono scritte queste parole nella parte superiore: nell'anno 1400 il 4 del mese di maggio.... fu fatta dal maestro Angelo di Caserta... Nell'altra campama grande chiamata nuova appaiono le immagini di Maria Vergine e dell'Assunzione della stessa e di San Giovanni Battista .... C'erano anche due altre campane mediocri nello stesso campanile ... Due campane piccole, chiamate gli Squilloni, furono costruite da Cosimano de Laurino. Nello stesso campanile c'è un orologio grande, alla cui cura provvede un deputato di Nola...... La cappella della Santissima Annunziata o del Crocifisso .............
Il 12 aprile 1616 il vescovo di Nola, mons. Giovanni Battista Lancillotti, volendo continuare la visita generale differita per molti mesi a causa di diverse motivazioni, si recò a Marigliano, dove venne accolto da tutto il popolo. Il giorno successivo si recò nella chiesa collegiata di Santa Maria Nuova, in cui celebrò la messa. Quindi visitò il fonte battesimale. ...........
Per Alberico Carrafa, il quale fu conte di Marigliano e duca di Ariano, detta chiesa parrocchiale fu fatta collegiata, come appare per la bolla spedita sotto la felice memoria di papa Alessandro Sesto il 29 gennaio 1494, nel secondo anno del suo pontificato...........
Il 6 dicembre 1615 il vescovo di Nola (mons. Giovanni Battista Lancillotti)visitò la parrocchiale chiesa di Santa Maria delle Vergini di Scafati e visitò il sacramento dell'Eucaristia e il fonte battesimale. Lì comparve Minico Antonio de Amero uno degli Eletti di detta terra e disse che spettava agli Eletti la elezione della cappellania di detta chiesa parrocchiale e promise che entro dieci giorni avrebbe mostrato i privilegi,in cui sono contenuti gli impegni e l'amministrazione della chiesa. ...........................
Inventario dei beni stabili: In primis possede detta Chiesa uno arbusto de moia quattro del Mangiaguerra, lasciato per lo quondam Salvatore de Sarvia lasciato alla Cappella costrutta dentro detta Ecclesia sotto lo altarino de levante............. Item una terra campese de moia sette lasciate per lo quondam Franchetto Ferraiolo: cioé moia cinque alla cappella de Santa Maria della Grazia, costrutta dentro detta chiesa ed il restante cioé moia due lasciate pe rlo quondam Agnitano Salvatico lasciato alla chiesa di San Fortunato sito alla via de Praiano da levante, la via pubblica e Napoli: le robbe dell'Ill. mo don Giovanni Piccolomini d'Aragonia, l'occidente, le robbe de Gisale e la via vicinale. Item una terra campese de moia otto, dove si dice alle Falagne da levante, iuxta le robbe de Giuseppe Giordano: da mezzo de Francesco d'Amato, da occidente Minico de Gesale, da settentrione Fabio Cirillo lasciato per lo quondam Agnano Salvatico alla chiesa di San Fortunato.
Marzano di Lauro, nel 1754, registra 1106 abitanti, concentrati in centosessanta fuochi o famiglie, come attesta il parroco don Francesco Corbisiero. Costituiscono un capitolo a se stante i chierici don Paolo Corbisiero, don Paolo delle Donne, don Giovanni Castaldi, don Lorenzo Sirignano, don Antonio Crisci.......................
Oltre al bracciale vi sono il vaticale, il massaro, l'agrimensore, il mastro d'ascia, il massaro, il bovaro, ............
Su tutti domina Orazio Lancellotti, principe di Marzano e marchese di Lauro.
Le autorità politiche più importanti sono gli Eletti Nicola Andrioli e Luca Nappo. Rivestono il ruolo di deputati Leandro Corsisdera, Andrea Grieco, Alessandro Capaldo, Andrea d'Addeo, Giuseppe Striano e Francesco Castaldo. Il cancelliere è Paolo Nappo.
Il catasto onciario di Diamante, iniziato negli ultimi mesi del 1752, è portato a termine il 2 giugno 1754, allorché esso viene letto e pubblicato alla presenza del sindaco Innocenzo Siniscalco, degli Eletti Giovanni Casella, Biase Riccio, e dei deputati Nicola Gerone, Arcangelo Casella, Francesco Noceti, Fedele di Luna, Giuseppe Sollazzo di Nicola, Tommaso Sollazzo, Giuseppe Passalacqua, Francesco Biondi, Gennaro Pignataro e Giovanni di Luna.
Il 22 aprile 1780, il consigliere Giuseppe Mauri compra per trentunomila ducati il feudo di Polvica dai coniugi Costanza Santomagno e Giuseppe Ferdinando Venturi, duchessa e duca di Minervino. La suddetta cifra comprende la privativa di alcuni privilegi, tra i quali la panizzazione.
Volendosi sapere il cammino antico del fiume Sarno ossia Drago, a differenza di quello che si vede oggi portarsi dalla città di Sarno sino alla Marina accanto allo scoglio seu isoletta detta di Rovigliano, oltre di altro fiumicello separato, che dicesi della foce di Sarno, il quale porta per alveo artefatto e separato sino ai terreni sopra la Torre dell'Annunziata ed ivi fa più artifizi, come odiernamente si vedono nella fabbrica di schioppi ed altro per ordine del Re Cattolico e conseguentemente le Molina del patrimonio di Sarno e più sotto cartiere e valchiere del principe di Frassia. Qual fiume Sarno, le cui acque anticamente erano composte così dalle acque che nascono nella Foce e nella Città come da quelle di Santa Maria, San Mauro di Nocera e da altre sorgenti, che sono a mano destra salendo e così unite si portavano nel mare, ove è la presente imboccatura a Rovigliano, era nei tempi antichi dipartito in due, uno alquanto piccolo il quale univa le acque di Santa Maria, di San Mauro e di altre sorgenti dette di sopra che si portavano nel mare e l'altro ben grande e navigabile, il quale si componeva delle totali acque del Sarno e Foce, le quali portandosi per un alveo verso Nola e da ivi per le campagne verso Marigliano, si univa con un altro fiumicello detto del Cranio che veniva dai monti di Avella, oggi ancora esistente, e poco appresso con altro fiumicello chiamato Veseri, che scorreva alle falde del Monte Vesuvio pel sito poco sotto Santa Maria del Pozzo, in dove anticamente vi era un ponte di fabbrica, qual luogo oggi dicesi Pontecitra, ove è una vasta masseria che si possiede dagli eredi del quondam Giuseppe Verduzio ...........: e camminando per tale direzione e passando per Acerra, si portava nel mare verso Patria, in dove vi era la foce di detto fiume. Per esso si potevano entrare imbarcazioni, le quali passando per detti paesi di Acerra, Marigliano e Nola si portavano nella città di Sarno.
Il re Carlo I d'Angiò nel 1277 regala al monastero di Real Valle il bosco di Scafati, chiamato di Frassino, ove i monaci possono raccogliere la legna, ma non cacciare gli animali selvatici, che rimangono patrimonio esclusivo reale. Nel 1283 Carlo II d'Angiò amplia siffatta donazione a favore del monastero di Real valle, aggiungendovi la terra di Scafati. Quindi nel 1464 la suddetta terra passa nelle mani di Antonio Piccolomini su disposizione dello zio, il papa Pio II. La bolla pontificia viene confermata dal re nel 1465. Trenta anni dopo, nel 1495, Scafati viene venduta dal re Ferdinando II a Maria Marzano.
Marcantonio Caracciolo, marchese di San Sebastiano, raccoglie il prezioso frutto del suo servizio nel momento in cui il re Filippo IV gli regala la terra di San Giorgio a compenso dei suoi meriti, come attesta la scrittura di Stefano del Giorno che ne conserva la traccia memoriale. Il beneficiario entra nel possesso del bene il 13 febbraio 1646, allorché firma il relativo rogito nello studio del notaio napoletano Giovanni Battista Brancale. L'opposizione decisa degli abitanti, mirata a invalidarne la donazione in tutti i modi, trova un alleato fedele nel viceré, ma ben presto è destinata a cadere di fronte alla voce autorevole del giudice del Collaterale, il cui presidente Marcuzio, richiesto del suo parere dagli omologhi della Sommaria, ritiene legittima a tutti gli effetti la suddetta concessione. Le due parti in causa, onde evitare qualsiasi litigio in materia, giungono ad una bonaria transazione in virtù della quale il marchese si mostra concorde a privarsi di alcune prerogative feudali, quali le angarie e le parangarie: le singole voci dell'accordo entrano nel nuovo rogito del 4 febbraio 1647, stilato da Giovanni Battista Brancale. Successivamente, in seguito alle benemerenze mostrate da Giovanni d'Austria verso San Giorgio, il marchese sottoscrive con la controparte un ulteriore accordo, basato sul totale riconoscimento della fine della feudalità e, quindi, l'incorpamento del territorio sangiorgese nel demanio napoletano, previo il pagamento di cinquemila ducati.