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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La chiesa parrocchiale di Scisciano è intitolata a San Germano. Il suo rettore è don Felice Borzillo. All'interno di essa vi sono le cappelle di San Giovanni Evangelista, del Santissimo Rosario, di Santa Maria di Grazia e della Santissima Annunziata. I parrocchiani sono quattrocentoquaranta. Reggono la confraternita laicale di San Giovanni Battista i maestri don Angelo Castellano e don Alessandro Burzillo.
Corre il 20 settembre 1843, allorché sul tavolo dell'Intendente arriva una richiesta da parte di alcuni cittadini di Pago, mirata ad ottenere la riunificazione amministrativa con Marzano, di cui ha fatto parte integrante fino al 1817. L'istanza, che coinvolge in pieno anche i casali di Sopravia e Pernosano, appare quanto mai strana, dal momento che sarebbe stato naturale se fosse stata di segno opposto.
Martedì, 29 agosto 1542, gli incaricati episcopali si recano a Secondigliano nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Funge da cappellano don Domenico Guadagno di San Severino, che si occupa della cura della anime. Nella sacrestia vi sono i seguenti arredi e oggetti sacri: un calice d'argento con il piede di rame, una pianeta di domasco incarnato, un camice, un amitto, una stola e un manipolo, un messale. Questa chiesa gode del beneficio di una perpetua cappellania, che non ancora è stata fondata né eretta, il cui cappellano è don Giovanni Conte di Miano. Egli è obbligato a celebrare due messe alla settimana in cambio dei proventi derivati dai prodotti di un terreno di sei moggia, allocato nelle pertinenze di Secondigliano, dove si dice Sant'Aniello.
La chiesa parrocchiale di Casavatore è dedicata a San Giovanni Battista. Il cappellano è don Antonio di Allegretto di Maratea, incaricato di celebrare una messa ogni domenica e negli altri giorni festivi. La chiesa può contare sulle seguenti rendite: trentotto carlini pagati dall'ospedale degli Incurabili, diciassette carlini pagati da Luigi Maiorana.... Vi sono i seguenti arredi ed oggetti sacri: un calice con la coppa e la patena di argento e il piede di rame; una pinate di domasco, tre amitti, una stola e il manipolo; quattro tovaglie, un messale. Inoltre don Antonio de Allegretto afferma che nella chiesa vige anche un altro beneficio legato all'altare di Santa Maria di Grazia, sul quale egli, in qualità di cappellano, deve celebrare una messa alla settimana in virtù del provento di venti carlini annuali.
5 giugno 1785. Il nominato territorio della Starza della Regina (Giovanna II, moglie del re Ferrante I di Aragona, n. d. r.) sta posto nel recinto del territorio di Somma, poco lungi dall'abitato della medesima ed è di figura multilatera; la sua superficie forma un piano inclinato, elevato alquanto sull'orizzonte dalla parte di mezzogiorno; e confina nella seguente maniera: principia il confine dal luogo detto il Purgatorio, ove il torrente chiamato il Lagno della Starza attraversa la pubblica strada, che da detta città conduce al casale di S. Anastaso; e camminando per un muro tramezzante detto Torrente e il territorio si cala nell'alveo del suddetto; indi con proseguire il cammino verso settentrione per il detto torrente, si giunge alla pubblica strada, che da Somma conduce alla chiesa di Santa Maria del Pozzo; ed ivi il confine lascia detto Lagno e si ripiglia per la strada suddetta, fin che giunge nel principio dello spiazzo avanti detta Chiesa. Da questa girando a sinistra versoponente e camminando per la pubblica via, si ritrova sulla man sinistra la Casa del Passo ((Estratto da una relazione originale)).
Il 20 aprile 1461 il re Ferdinando I di Aragona concede in dono a Roberto Sanseverino la città di Caiazzo. Quindi nell'anno 1461 concede a Roberto i castelli e le terre di Campagnano, Allignano e i casali di Squilli per la ribellione di Giovanni Celano. Nell'anno 1483 Roberto cede tutti questi possessi al figlio Giovanni Francesco. Nel 1502 Roberto Ambrosio Sanseverino, essendosi ribellato, viene privato di Caiazzo e degli altri possessi ...
Saluto con intensa gioia l'attuale rifioritura della storiografia locale la quale, quando poggia su di una precisa e solida base scientifica, innervata nella consultazione di documenti archivistici, rappresenta per l'intera comunità circostante una preziosa risorsa, in quanto latrice della ricostruzione dell'ineludibile principio dell'appartenenza. Proprio la dimenticanza di siffatto principio, perpetratasi per lungo tempo, ha prodotto inauditi scempi nel nostro territorio, lasciato, il più delle volte, in balia della improvvisazione propositiva e fattuale a danno di una progettualità consapevole e incisiva, fondata sul sincero affetto verso la propria terra, in cui risiede il tasso della ricaduta positiva e favorevole di qualsiasi azione rivolta verso gli interessi della collettività. Ed un mensile, sorto, con i migliori auspici, nella pulsante realtà di San San Gennaro Vesuviano, San Giuseppe Vesuviano,Ottaviano e Palma Campania, non può, accanto ad altre tematiche di spiccato interesse e di vasto respiro, non dare adeguato spazio a questa diffusa istanza, affidata per gentile concessione del direttore, alla mia penna in virtù dei precedenti e lunghi studi in materia. Nello specifico ormai il campo storiografico nostrano ha spazzato via dalla sua ottica procedurale le belle e statiche favole di un tempo, intessendo al loro posto una fitta rete di pagine incontrovertibili, grazie alle quali si delinea uno scenario inusitato: uomini in carne ed ossa agiscono con l'oneroso carico della loro umanità, si spostano da una parte all'altra del territorio con incredibile dinamismo, danno vita ad avvenimenti imprevedibili sotto il peso della loro ardente passionalità, versano lacrime amare nel culmine estremo della sconfitta, poco dopo si rituffano con rinnovato ardore nel vortice inarrestabile del flusso esperenziale. Inoltre l'analisi focale narrativa non delimita più le riprese esclusivamente intorno alle gesta gloriose di una classe sociale predeterminata, né procede per categorie precostituite ed artefatte, ma investe l'intera struttura sociale, cogliendola in tutte le sue molteplici manifestazioni individuali e collettive, nel momento della gioia e dell'ira, all'aperto e al chiuso, nel pagliaio e nel palazzo. Del resto l'incipit di questa storia ha, finalmente, una sua cornice temporale ben definita, il 1513, allorché Errico Orsini, sposando Maria Sanseverino, riunifica la contea di Nola, la quale includendo Avella, Lauro e i casali, la città di Nola e i casali, Palma e i casali, Ottajano e i casali, si spinge dall'interno sino al litorale. Ma siffatta felicità del conte nolano riceve un terribile scossone il 1528, allorché egli, abbandonando l'antica alleanza con gli spagnoli, passa dalla parte dei francesi, in occasione della discesa in Italia di Odet di Foix, visconte di Lautrec. La mossa strategica risulta completamente sbagliata, in quanto il campo di battaglia assegna la vittoria definitiva all'imperatore Carlo V: infatti, le sue truppe, comandante dal viceré Filiberto Cahonne, penetrano, il 22 agosto 1528, in Nola, dopo che le porte sono state spalancate di notte da alcuni parenti proditori di Fabrizio Maramaldo, uno dei capitani di ventura al soldo imperiale. La gravissima infermità, se evita ad Errico Orsini di sfuggire alla pena capitale, riservata a quanti si sono macchiati di alto tradimento, ne debella la fibra fisica nello spazio di pochi giorni, nonché ne manda all'aria tutti i piani, sui cui cocci acuminati è costretta a procedere la moglie nella penosa odissea per ottenere, almeno, i suoi beni dotali. Frattanto i battiti della politica non arrestano il loro freddo e implacabile corso al di là delle persone e dei sentimenti. Espugnata la città - capoluogo, si smembra di nuovo la contea nolana: il feudo di Palma, che ingloba Palma, Vico, Castello, Carbonara e San Gennaro, è venduto a Giacomo della Tolfa, conte di San Valentino, al prezzo di 7160 ducati. Nello stesso anno, il 1° luglio 1529, Fabrizio Maramaldo prende possesso del feudo di Ottajano, che comprende Ottajano, San Giuseppe, Terzigno e San Gennarello, dopo essersi impegnato a versare nella casse pubbliche centrali la somma di tredicimila ducati. Poco dopo, il 21 settembre 1529, la stessa città di Nola compra dalla Regia Camera l'autonomia amministrativa per sé e per i suoi sedici casali, sborsando 21.550 ducati. Da questo punto in poi le strade si diversificano in molteplici direzioni: ogni comunità, diventata "autonoma" anche nella delimitazione circostanziata dei propri confini, scrive nuovi capitoli storici a responsabilità sempre più personale.
23 settembre 1732. Sta la suddetta terra (Campobasso, n. d. r.) al presente situata alla falda di un monte di pietra viva, dalla parte di mezzogiorno con suo piano. La medesima è murata intorno con i suoi torrioncini all’antica con modica distanza l’un dall’altro, nel medesimo recinto vi sono sei porte. La prima che è la principale sotto la denominazione di San Leonardo. La seconda detta Porta mancina, la terza di San Paolo. La quarta di Santa Maria della Croce, la quinta di Sant’Antonio Abbate, la sesta di San Nicolò di Bari. Fuori la porta principale vi è la una piazza grande ove si fa il mercato ogni giovedì e le fiere in essa, vi sono diverse abitazione a destra e a sinistra ………..
L’antica terra di Campobasso stava prima situata nella sommità dell’anzidetto monte, ove al presente v'è rimasto il solo castello che si possiede dalla ducale corte e consiste in un cortile con sue mura alzate intorno scarpate sotto porzione, del quale v’è cantina e cisterna d’acqua piovana e mediante pochi scalini si ascende ad un ballatoio, ove vi è porta all’incontro della quale vi è altra grada di fabbrica....... Accosto al castello suddetto vi è l’antica chiesa arcipretale sotto il titolo di Santa Maria Maggiore, consistente in tre navi, con l' altare maggiore isolato, con una statua di legno della Beata Vergine dell’Assunta indorata, vi sono in essa sette altri altari con una sacristia dietro, nella quale si conservano i suppellettili di detta chiesa e i suoi argenti, sopra l’ingresso della medesima v’è il suo organo, a destra v’è il fonte battesimale, la medesima è coverta a tetto a due penne e suo pavimento di mattoni, in essa vi sono due altre cappelle ius patronati del fu Ill. Duca ultimo della medesima terra di Campobasso, una sotto il titolo di San Domenico e l’altra di Santa Maria di Costantinopoli, v’è il suo campanile con due campane. La medesima chiesa è governata dal suo arciprete che viene nominato dalla ducale corte e da sette altri canonici che vengono creati dal vescovo di Boiano, tiene di entrate ascendentino in denaro a circa ducati 400 e da tomoli 130 di grano in ogni anno tra decime e terraggio .......................
Poco discosto dalla medesima e proprio nel luogo detto delle tre porte v’è l’altra chiesa parrocchiale sotto il titolo di San Bartolomeo, coverta a lamia a croce con un tetto sopra, mattonata nel suolo, tiene il suo campanile con tre campane. La medesima è divisa a tre vani, con suo altare maggiore a pietra forte isolato, con un quadro dipinto a oglio della Beata Vergine dell’Arco, vi sono due altari laterali, sopra la porta della quale chiesa vi è il suo organo, a sinistra v’è stanza grande per cimitero.......
1) Si ordina che tutte le suore atte convengano all'officio divino dì e notte, tanto la Madre quanto le altre, eccetto quando fossero inferme o vero occupate in alcuna cosa necessaria la quale commodamente non potessero lasciare o differire e qualunque sarà il contrario sempre dica la colpa sua ..... 2) Sonato che sarà il primo segno dell'officio si ispedisca in tal modo, che si ritrovi in coro avanti che s'incominci l'officio et chi farà il contrario debba la seguente mattina far la penitenza secondo il giudizio della Madre ..... 3) Che il matutino si suoni di modo che sempre le suore abbiano pigliato otto ore di sonno; 4) Quando s'incomincerà l'officio si dica devotamente e senza riso o parlare l'una all'altra o altra dissoluzione ma con grande devozione e quelle che faranno il contrario siano corrette dalla correttrice del coro; 5) L'officio non si lasci senza licenza della madre, al quale debbiano stare tutte quelle che legittimamente non sono impedite...; 6) Nessuna sorella sia chiamata dall'officio divino senza licenza della madre ....; 7) Quelle che sono state assignate a leggere le lezioni o responsori preveggano il tutto a buona ora...; 8) Che un'ora d'orazione non si preferisca mai dopo matutino ... 9) Qualunque romperà il silenzio notabilmente e contenderà in coro debba accusarsene avanti la Madre et dall'istessa ricevere la penitenza più o manco grave che sarà solita fare tale errore. 10) Tre volte la settimana si faccia la disciplina in comune ..... 12) Le suore tre dì avanti la natività del Signore e per tutta la settimana santa e poi un dì avanti le feste della Madonna non siano occupate in alcun esercizio eccetto quelli che sono necessari ... 15) Dalla Pasqua insino alla festa di Santa Croce di settembre, dopo magnare nell'ora del dormire si suoni il silenzio ed osservisi insino che saranno chiamate le suore per dire per tutto l'anno dall'Ave Maria della sera, insino a dì si debba inviolabilmente osservare il silenzio ... 17) Una volta la settimana dicano la colpa tutte comunemente nel sabato o altro giorno che comanderà la madre .... 24) Circa la comunione tutte faranno almeno ogni quindici giorni, eccetto se per giusta causa o impedimento paresse altrimenti alla Madre badessa al Padre Confessore ..... 43) Niuna monaca tenga cosa particolare nè pure un fazzoletto, ma la comunità debba provvedere alla necessità di ciascuna .... (La suddetta regola si rifà alla "Costituzione delle Monache del 3° ordine di San Francesco" confermata dal papa Nicolò IV il 17 agosto 1289.
5 agosto 1549. I. Perché detto Signore Fabricio havendo ottenuto provisione da sua Cesarea Maestà de posser fare la reintegratione in detta terra d'Ottajano. In virtù della quale provvisione fo deputato Commissario lo magnifico Ludovico Angeriano. Per il quale foro emanati banni contra tutti li possessori dei beni cum clausula justificata contra della quale Provisione e banni in detta terra e particulari foro apposte molte ragioni ad impedir detta reintegratione et signater che detta Provisione non appareva essere stata presentata infra annum et infra ditto tempo non essere stata espedita executoria secundo la forma della Regia Pragmatica e che detto magnifico Ludovico come giodice incompetente non possea procedere in detta causa. Il quale non avendo admesso a detta ragione et altre opposizioni declarò se esser giodice competente ed doversi in quella procedere. Reputando contumaciali li conventi ed esserno incorsi in pena banni, dato termine in contumacia ipsos a detto Signore Fabricio; del che ne fu appellato; Item lo detto Signor Fabricio remette e perdona a tutti citatini et habitanti quomodocumque et qualicumque in detta Terra, et tanto ad homini, quanto ad donne tutti, et qualsevoglia delitti per essi commessi de' qualsevoglia qualità .... per tutto lo tempo passato per fino alla presente giornata... Item che detta Università particulari cittatini et habitanti in essa possano et a loro sia licito in lo bosco, silve et montagna de detta terra et per quanto s'estende lo demanio de detta Corte tagliare e far tagliare qualsevoglia ligname de qualsevoglia sorte in quacumque quantitate tanto de lavore, come de non lavore, tanto fruttiferi, come non fruttiferi ...... Item il detto Fabrizio si contenta e promette tenere detta terra di Ottajano per terra riserbata per habitatione sua. Ita che per causa di detta habitatione propria non possano venire ad habitare né alloggiare soldati, uomini d'arme nè cavalli leggieri ......Detto Consultore sive giudice debbia assistere in detta terra di Ottajano ovvero venire secundo lo bisogno dell'espedizione delle cause, et almeno tre volte il mese et debbia dare audientia dove stava la Corte del Capitanio, però in lo Castello et Palazzo di detto Signor Fabrizio .... ((Estratto dal libro di Luigi Iroso, Album di famiglia, Edizione "Quaderni Campani", San Giuseppe Vesuviano, 2003)).