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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il 6 settembre 1615, il vescovo di Nola in persona, mons. Giovanni Battista Lancillotti, esegue la visita pastorale nella chiesa parrocchiale di Valle (antico nome di Pompei n. d. r..), dedicata al Santissimo Salvatore. Lo accoglie in pompa magna don Domenico Bottone che ricorda, innanzi tutto, il suo impegno di celebrare la messa tre volte la settimana, il mercoledì, il venerdì e il sabato. I parrocchiani sono sessanta, di cui venticinque possono avvicinarsi alla confessioone e alla comunione, come hanno fatto tutti nell'ultima festività di precetto.
La chiesa parrocchiale di Torre Annunziata, intitolata alla Santissima Annunziata, viene affidata ai monaci dell'ordine dei Celestini da Nicola di Alagno, feudatario di Rocca Rainola e di Torre Annunziata, secondo le linee del rogito stilato, il 29 novembre 1498, dal notaio Geronimo de Tossis. Infatti, l'ordine monastico si impegna a curare spiritualmente le anime torresi, ad esprimere due sacerdoti ed un chierico, addetti alla celebrazione delle messe e dei doveri religiosi, a somministrare i sacramenti ai fedeli, a donare al vescovo di Nola un "castrato" con le corna d'oro, simbolo dell'obbedienza, in occasione della festività di San Marco Evangelista. Tra le pareti ecclesiastiche insiste la confraternita laicale del Santissimo Sacramento, fondata il 27 novembre 1543. Secondo le norme statutarie, i confratelli, rapppresentati da due maestri,si impegnano a rispettare i seguenti doveri: mantenere accesa la lampada davanti al tabernacolo; accompagnare il Santissimo Sacramento a casa degli infermi; somministrare la cera; organizzare la processione a loro spese ogni terza domenica del mese; far celebrare una messa cantata. Ne ribadisce tutti gli impegni padre Francesco di Taranto, priore del monastero della suddetta chiesa, sabato 5 dicembre 1615, durante la visita pastorale del vescovo di Nola, mons. Giovanni Battista Lancillotti. L'occasione è opportuna per comunicare il numero dei parrocchiani, fermo a seicento, di cui ducentosessanta idonei a ricevere la confessione e la comunione, come hanno fatto nell'ultima festività di precetto. Invece, i soci della confraternita del Santissimo Sacramento sono novanta, i cui maestri durano in carica da tre anni. A fronte di questa affermazione, cconfliggente con il regolamento vigente, viene ingiunto al priore, sotto pena di scomunica, di indire entro l'ottava del Santissimo Corpo di Cristo l'assemblea generale di confratelli, deputata ad eleggere i nuovi amministratori, ai quali va reso il rendiconto amministrativo da parte di quelli attualmente in carica. Quindi l'attenzione dei visitatori volge sull'altare del Santissimo Rosario, che appartiene all'omonima confraternita, i cui maestri sono Battista Pagano e Nunziato Santillo. Proprio questi ultimi, presentando le bolle della sua fondazione, risalente al 7 marzo 1593, comunicano che i soci sono quaranta. Infine, essi affermano che la confraternità non ha alcuna rendita, ma vive di elemosine giornaliere.
Lunedì (16 maggio 1862) vedevasi spettacolo miserando ed atroce – meglio che 50 cittadini, ammanettati, pervenire ordinati in lunga catena, da Salerno; e condotti, come ad insulto della legge, nella Questura di Napoli, ed ivi così legati, rimanere nel cortile senz’avere dove posare, dove sedere; per poi passare la notte in carcere. Fra essi vedevi uomini di ogni età, di ogni condizione, godere la eguaglianza dei ferri nei polsi, ed affratellati così a due a due! Compiva questo quadro desolante una quantità di donne di ogni età, giovinette sedicenni, delle pregnanti, e di quelle con bimbi al seno e le culle per bagaglio! Tutti erano dal Prefetto Bardessono mandati a domicilio coatto, per la famosa legge Pica, della quale si è usato ed abusato ad esuberanza. Se fra quella gente vi fossero dei veri manutengoli, ignoriamo; ma che di certo le femmine ed i bimbi fossero così trattati, è un oltraggio alla giustizia, all’umanità – e mostra l’incapacità di quel Prefetto, che avendo un esercito quasi nella sua provincia, non sa snidare i briganti e teme delle donne! Fra quei cittadini legati ed ammanettati faceva meraviglia il riconoscere il Sindaco e ad un tempo Giudice Supplente Rascio, il sig. Scipione Ronsini noti liberali e benemeriti della patria; e se il sig. Bardessono ha in questi altri ammanettati, puniti uomini, come il sig. Rascio e Ronsini, è da credere che gli sia entrato nella mente il pensiero di emulare e sorpassare i fasti della polizia borbonica. Perché si abbino il pubblico ed il ministero notizia del vero, diremo del sig. Ronsini i particolari, riserbandoci dire quelli di esso Rascio. Per ora diremo sul conto di esso Rascio che la giunta municipale del suo paese certifica non solo di aver contribuito all’attuale ordine di cose, ma di essere stato attendibile politico sotto il passato governo. Scipione Ronsini, fin dal 1847 era per fede politico unitario. Nel 1848 si pose alla testa di una colonna insurrezionale col comitato del Vallo per rivendicare la libertà del paese contro la mala signoria. Ebbe indi 12 anni della sua efferata persecuzione borbonica. Nel 1860 a sue spese formò una colonna di 95 uomini ed aggiunse a quella 24 volontari ed andò ad ingrossare le file sotto Capua contro l’esercito borbonico. Nel recarsi a raggiungere la sua colonna fu derubato di quanto aveva per essere stato assalito dai ladri al luogo detto Tomba del Capitano; ed è storico e noto a tutti i Vallesi! Nello steso anno riusciva a sventare nel Caffè d’Italia una cospirazione infernale contro il re Vittorio Emmanuele, ordita in via Foria: fatto che gli stessi moderati non ignorano. Egli curò la presentazione di un numero considerevole di sbandati del Comune di Rofrano. Discopriva e sventava una reazione organata, dandone notizia al delegato sig. Guarracino: erano oltre 60 i congiurati e ne furono molti arrestati …………. Non ha guari il sig. Bardessono recavasi in un paese, (se non andiamo errati Acerno) e volendo fare ivi molti arresti e non potendolo, senza il parere della Commissione se non poteva avere tale parere, perché non sapeva egli stesso chi dovesse arrestare, e perché) disse alla Commissione: datemi il voto di fiducia; e docili e docili i componenti della Commissione s’inchinarono e dettero il voto di fiducia! Ritornava il Bardessono da colà, seguito da gente di ogni età e di ogni sesso, ammanettati e legati: e arrivato al suo palazzo in Salerno, discese e fece in aria di fatuo trionfo, passare innanzi a sé quei mal capitati: Da questo stato di cose, l’incognita del nostro problema, interno, spaventa ogni animo onesto e liberale.Dio salvi il paese ….
L’Italia ha il primato degli omicidi, diceva un mese fa il Ministero in una sua statistica, e il Times allora si rise di Vincenzo Gioberti e dell’antico primato morale e civile degli Italiani. Ma i primi a rendersi rei di omicidio sono i deputati del regno, sono i nostri legislatori! In brevissimo tratto di tempo due onorevoli vennero accusati d’omicidio: il deputato di Teggiano, Matina Giovanni, e il deputato di Militello, Maiorana – Cuccuzzella Salvatore. E tanto l’uno quanto l’altro sono deputati antichi, che già presero parte a tre legislature, l’ottava, la nona e la decima. Che se noi volessimo giudicare dei deputati come essi dei preti, trovandone tra quattrocentodue omicidi, ognuno pensi che cosa potremmo darne! Ma il peggio è l’impunità che sembra volersi accordare a questi omicidi onorevolissimi. Il deputato Maiorana – Cuccuzzella fu bensì arrestato, non essendo aperta la Camera, ma oggi che ripigliò i suoi lavori, incominciano le formalità e le discussioni se l’omicida sia stato o no legalmente arrestato! Il procuratore generale di Catania indirizzò al guardasigilli la seguente domanda che egli trasmetteva ai deputati nella tornata del 23 novembre. Il 26 novembre i deputati, riuniti in Comitato provato, invece di accordare subito ogni licenza, nominarono una commissione che domanderà gli atti del processo, li esaminerà e deciderà il da farsi. Come? Un povero giovane, Francesco Lacanà, è stato trucidato; i più gravi indizi pesano su di un deputato, e voi esitate, o onorevoli, a permettere il processo? Ma non dovreste essere i primi a provocarlo? Non ne va di mezzo l’onor vostro ed il bene di tutti? Il deputato Matina, che a forza di lungaggini si lasciò fuggire, non vi è bastante rimprovero? E poi direte che son gli antichi Governi la ragione di tanti omicidi che si commettono in Italia! Passi l’impunità accordata ai deputati che uccisero i loro avversari in duello; passino gli indugi del processo Lobbia, che, secondo il tribunale non arrecò male che a se stesso democraticamente assassinandosi; ma il fatto di Militello è così orribile, così scandaloso che richiede un pronto e solenne processo, e noi lo pretendiamo in nome della morale e della giustizia (Unità cattolica, 28 novembre 1869).
Nei tempi ordinari, quando una calma profonda tutela l’ordine pubblico, quando una scellerata fazione non scendesse a combatterci, noi approveremmo pienamente i clamorosi ruggiti della pubblica opinione, che stigmatizza i deputati infedeli al loro mandato, gli stolidi, i poco patriottici che preferirono il ministero al paese, i propri interessi alle pubbliche sventure, ma nei tempi attuali, quando tutte le forze borboniche convengono verso un solo scopo, quando noi siamo sul punto di scendere sulla piazza per difendere la libertà e l’indipendenza, in questo caso le dimostrazioni sono oltremodo pericolose. Noi d’altronde racconteremo i fatti del 1° agosto e poi francamente daremo il nostro giudizio. Il popolo a ragione sdegnato contro sciame di deputati infedeli al loro mandato avvisava di dare un segno della propria disapprovazione a quanti fra essi fossero giunti tra noi ed in fatti dopo aver ricevuto con suoni assordanti i primi arrivati, il popolo recossi la sera del primo agosto a rendere una visita clamorosa presso le case dei signori Vacca Senatore e dei deputati Pisanelli, Leopardi e Minervini: e qui ci fermiamo per domandare in qual modo si associasse il nome di Minervini a quelli di Vacca, dei Leopardi e dei Pisanelli? Vacca faceva parte della consorteria, Pisanelli e Leopardi n’erano i principali manubri, ma l’avvocato Minervini perché fu confuso coi dottrinari. Minervini votò con l’opposizione, ebbe più volte troncata la parola a Torino dall’impertinenza della maggioranza: ed a Napoli ha dovuto anch’esso subire la dura lezione inflitta ai Leopardi ed ai Pisanelli? Ma raccontiamo. Una folla di cittadini dunque rendeva in prima sera una chiassosa visita al Senatore, ed ai deputati ciascuno portava strumenti di cucina ed all’armonia discordante degli improvvisati senatori si univano i fischi e gli urli dei monelli: il baccano era veramente infernale: ma questa volta il popolo con molto buon senso aveva espresso il proprio giudizio sul Senatore Vacca e sul Leopardi. Un cartellone a stampa diceva: Vacca è MASSARI DEL SENATO !!! Leopardi (leggevasi in altro foglio) alle invocate provvidenze contro la reazione rispose: E’ IL RONZIO DEGLI INSETTI. Ed il popolo lo dichiara un braccio della consorteria. I deputati Pisanelli, Leopardi ed il Senatore Vacca ebbero la lezione che si meritarono coi loro voti servilissimi e con l’aver conosciuto i bisogni del paese e prodigando encomi al sig. Minghetti, ministro dell’interno, che ha condotto il paese verso la propria ruina .... I nostri deputati della maggioranza si mostrarono indegni del mandato ricevuto, nemici affatto della contrada ove sono nati, il disprezzo pubblico gl’incalzi, siano fuggiti come gli infetti della pestilenza, gli elettori si riuniscano e gl’infliggano l’onta di rivocare il mandato, la quale determinazione se non produrrà effetti legali per certi uomini dalla fronte di bronzo, mostrerà all’Europa essere gli italiani del mezzogiorno più che adulti nella vita parlamentare ed infliggerà sui pessimi deputati le stigmate della riprovazione pubblica, molto più terribile d’una fugace dimostrazione. Uniti, vigilanti, salviamo il paese, torniamo allo stato normale, e allora potremo divertirci con le campane fesse, con le padelle, le cazzeruole, ma oggi silenzio ed ordine, diamo tutta la libertà d’azione alla polizia, perché possa seguire le sole trame dei nostri nemici, per sventarle e liberarci una volta per sempre da questi incorreggibili adoratori del passato i quali ci credettero già vinti dal vederci assonnati e neghittosi (Dal giornale "La democrazia").
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