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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Poiché, signori, questo bilancio ha la virtù di rompere i silenzi parlamentari, mi sia concesso rivolgere una preghiera all’onorevole ministro della pubblica istruzione.
Egli può essere lieto della legge del 19 luglio 1877 sull’istruzione obbligatoria. Quella legge, per la savia e prudenza temperanza che l’informa, meritava il suffragio che ha avuto con cui fu accolta dai due rami del parlamento. Pure è mestieri non dissimularsi che, nella sua applicazione, essa va incontro a molteplici scogli e che, perdendoli d’occhio, si correrebbe molto facilmente il pericolo di dare nelle secche ……………
Non accennerò alle questioni relative ai nuovi maestri; alle scuole serali e festive; alle librerie circolanti; anzi mi è grato dichiarare che per questo riguardo ho fiducia nell’uomo sapiente che regge il ministero della pubblica istruzione ed ho anche speranza che non sarà per mancargli l’aiuto gagliardo della privata iniziativa.
Ciò che più deve preoccuparci si è la questione ardua e difficile dei locali scolastici. Apparisce dalla relazione che sono già 6740 i comuni pronti ad attuare la nuova legge.
A prima vista codesta è una cifra assai consolante. Molti di quelli che facilmente sono paghi delle superficiali apparenze saranno disposti, udendo questa cifra rimbombante, a gridare vittoria. Ma vuole prudenza che si riservino a migliore tempo i nostri entusiasmi; vuole prudenza che prima si cerchi vederci un po’ più chiaro in quella cifra.
Lasciando stare le condizioni didattiche e morali, delle quali ho dichiarato che in questa circostanza tacerei, chi di voi non pensa che prima di battere le mani a noi stessi per il risultato finora ottenuto, debbasi sapere almeno che cosa siano queste quattro mura entro le quali noi rinchiudiamo per parecchie ore del giorno i nostri figli? ………………
Non giova nasconderlo, signori, moltissime delle nostre scuole (e badate che io appartengo a province che anche sotto questo rapporto non sono certo le ultime), moltissime delle nostre scuole primarie sono rifugiate in miseri stambugi senz’aria, senza luce, senza spazio, mefitici, immondi.
Vi si somministra una porzione più o meno lauta di abbaco e di abbici, ma vi si sottrae troppo spesso una porzione più grande di ossigeno.
Io rivolgo un appello a quanti di voi qui sono uomini pratici. Non vi è mai avvenuto di uscire contristati dalle nostre scuole, specialmente rurali? Non vi è mai avvenuto di aver veduto in principio dell’anno entrarvi uno sciame vispo e giocondo di rosei fanciulli, trasformati poi dopo alcuni mesi in una turba pallida e gracile? Chi di voi non ha veduto sostituirsi alla sana respirazione dei petti gagliardi l’acre tossicolio misto al rauco compitare delle sillabe? …….
O signori quella pietà che alcuni sentono vivissima per la rappresentanza della colpa che sta nelle carceri, abbiamola tutti per la rappresentanza dell’innocenza che sta nelle scuole.
Noi abbiamo l’obbligo dell’istruzione, sta bene; ma quel giorno abbiamo un altro obbligo solenne a noi stessi, l’obbligo di non seppellire nell’atrofia fisica l’energia della vita e dell’intelligenza, l’obbligo di impedire che diminuendosi le file dei coscritti analfabeti si accrescano quelle dei coscritti tisici e dei rachitici.
E’ l’aria, la luce, lo spazio, la giocondità che noi ci siamo obbligati di assicurare ai nostri bambini insieme al pane dell’istruzione; è quell’ambiente sano, decoroso, ridente che ingentilisce gli animi e li educa! Lioy Paolo, 1877.
A dì tre settembre 1809 nel soppresso convento di San Francesco di Paola della Comune di Ottajano.
Uniti e congregati i sottoscritti decurioni, ai quali si è proposto dal Signor Sindaco la lettura del Signor Sotto Intendente del distretto di Castellammare in data 31 dello scorso agosto……….
Esaminato e ponderato il tenore della suddetta lettera, si è osservato contenere due soggetti. Primo di ritrovarsi i mezzi, onde la popolazione non resti priva del pane, che comprometterebbe la responsabilità del decurionato, non escluso il sindaco. Secondo di formarsi un piano di offerta che sia accettabile e che non opponga alla solennità delle leggi.
Sul primo oggetto si è unanimemente stabilito dare le premure per non dire preghiere agli attuali conduttori dei forni pubblici, acciocché provvisoriamente continuassero la panizzazzione coll’onciario finora praticato, nonostante che se gli pratica un pregiudizio, perché il loro stretto obbligo al mantenimento è in contraddizione delle leggi della libertà di panizzare, ed anche perché i medesimi hanno continuato un anno tale mantenimento, nell’atto che i rimanenti cittadini hanno goduto del beneficio di panizzare e far pane a vendere quando è piaciuto e recato utile.
Per il secondo oggetto si è concluso doversi fare il seguente piano di offerta: 1) Ogni quindici giorni a spese della Comune si manderà nella dogana di Avellino per avere la fede dei prezzi del grano saragolla, dei quali l’assaggiatore ne dedurrà i prezzi alti e bassi e col prezzo medio fisserà il prezzo del tomolo di farina da bonificarsi all’appaltatore sarà del forno dell’abitato e della Campagna.
2. L’appaltatore o gli appaltatori avranno dalla Comune l’indennità della pigione tanto del forno nell’abitato, quanto per quello nella Campagna che serve loro per la costruzione del pane e la prova delle forme.
3. Il tomolo di farina deve calcolarsi per rotoli quarantasei ed il prodotto di esso in pane cotto deve dare il prezzo fisso.
4. Sarà permesso ad ogni cittadino di far pane a vendere tanto nell’abitato che nella Campagna, esponendolo però al pubblico e con essere soggetto alle stesse leggi cui sono soggetti gli appaltatori del mantenimento forzoso del pane cioè:
a) Di fare il pane la notte di farina saragolla ben cotto, di buon odore, colore e peso giusto;
b) Di fare il pane la notte antecedente del giorno, in cui dovrà esporlo a vendita in maniera che gli Eletti possano osservarlo ogni mattina e giudicarne la qualità;
c) Sarà proibito ad ogni anno sa appaltatore sia panettiere di far pane dopo il mezzogiorno per venderlo, ma nel caso ciò dovesse farsi per qualche urgente bisogno, se ne deve passare l’avviso all’Eletto o a qualche decurione in assenza dell’Eletto, acciocché piacendolo possa osservarne la qualità.
d) Trovandosi il pane di mala qualità, non fatto di farina saragolla o di peso scarso il contravventore pagherà la multa di carlini quindici per la prima volta da passarsi nella cassa delle ammende del giudicato di pace, la seconda col duplo della multa suddetta e la terza con pena correzionale.
e) Che ogni panettiere cittadino, cui è permesso di fare pane e vendere nel circondario di questo Comune sia obbligato prevenire l’appaltatore o una volta per tutto l’anno della data quantità, che vorrà costruire ogni giorno e ciò per regolamento dell’appaltatore per costruire quella quantità di pane che crede necessaria per l’uso della popolazione del distretto del suo forno. Ogni contravventore pagherà la multa a tenore di quanto è descritto nell’articolo quarto.
f) L’appaltatore dell’abitato egualmente che quello della Campagna deve mantenere il pane nei posti soliti e gli resta ad arbitrio di mantenere degli altri.
g) Il pane di fiore carosella e di maiorica sarà permesso costruirsi dagli appaltatori e panettieri privati, ma non deve essere di peso, che di un terzo meno del pane di assisa.
h) Sarà espressamente proibito di fare il pane di fiore saragolla, come quello che non è profittevole per l’uso della classe indigente.
i) Ogni panettiere privato che farà il pane diverso da quello di farina saragolla o di fiore carosella o maiorica è tenuto denunciarlo all’Eletto, acciocché lo provvede secondo la sua quantità.
l) Sarà passata un’indennità agli appaltatori forzosi ed anche ai panettieri privati di grani trentasei per ogni tomolo di farina di peso quarantasei rotoli a titolo di schiano, trasporto, gabella ed altro che occorre per la panizzazione suddetta.
Seguono le firme dei decurioni.
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