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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
21 ottobre 1782. Da Nicola Carrano. Ragioni per l’Università di Sassano coi fratelli dottor Michele reverendo Giuseppe e Gesué Maria Rossi. “… Fra tai luoghi demaniali propri dell’Università uno vastissimo di ben 300 moggi, chiamato il Cerreto, nel cui ristretto ci sono state e ci sono due pubbliche fontane, la prima detta del Carpine e la seconda dei Pozzi, di uso promiscuo e comune a tutta la cittadinanza : e poco discosto da quello ci sono certi altri luoghi parimenti demaniali dell’Università di circa moggi 1000, nominati la Castagnola, la Tempa di Castagnola, il Peglio ed i Guallarelli. Ora in questi terreni demaniali dell’Università appunto, senza curare il necessario consenso e permesso di Colei, che per validarsi, oltre la pubblica conclusione, aveva essenzialmente bisogno anche del Decreto di expedit sto della Regia camera, vallato di Regio assenso, ebbe l’accortissimo medico D. Pietro Rossi, avolo degli attuali rei convenuti, nei principi di questo Secolo l’abilità di cominciare a far delle notabili occupazioni, portando poi la cosa ad eccessi grandissimi i di lui Eredi e discendenti. Fece dunque egli il D. Pietro Rossi capo dalla casa dell’allor Duca di Diano, di cui godeva il pieno favore e la protezione, riportando da quella da tempo in tempo quattro invalide concessioni, in quei sereni terreni appunto demaniali dell’Università, come se essi fossero di proprio dominio di quella Casa e non già di natura pura demaniale dell’Università di Sessano col peso di piccioli annui renditi; e credé di assicurarsi nel nullo acquisto con ottenere su quelle concessioni, come se fossero di roba feudale del Barone, il regio assenso dall’abolito Collaterale Consiglio. Cominciò dunque il medico Rossi ad ottenere siffatte invalide concessioni dalla casa di Diano nell’anno 1703. Ricorse egli allora con memoriale a D. Giovanni Maria Calà, che pretendono gli avversari essere allora vicario generale dell’allor Duca di Diano, benché non abbiano provato tale caratteristica; e quando anche si sia da essi provata, la sua facoltà non si sarebbe estesa a far si prodigali concessioni. Chiede dunque D. Pietro Rossi a D. Giovanni Maria Calà, che gli concedesse nel luogo detto Castagnole un tomolo e mezzo di terra per tenerla per uso di erba o sia di parto e difenderselo; e già l’ottenne con rescritto del 28 novembre di quell’anno 1703, col peso dell’annua corresponsione perpetua di annue grana cinque alla Camera baronale. Nell’anno poi 1705 e propriamente il 17 aprile, lo stesso medico Rossi ricorse al Marchese di Ramonte D. Marcello Calà e disse che per servizio della massaria delle sue vacche, che teneva nel luogo detto il Cerreto, il quale bugiardamente asserì essere feudale della camera baronale di Diano, aveva colà alcuni gavati di legno per poter raccogliere l’acqua dalla fontanella del Carpine ed abbeverare così quei suoi animali; ma siccome quelli portavano il peso e il dispendio continuo del loro mantenimento, giacché erano soggetti facilmente a corrompersi e guastarsi, così domandò egli, affine di raccogliere con maggiore comodo tale acqua per quell’uso, il permesso dal Calà di costruire quivi un pilaccio di fabbrica per introdurre in esso l’acqua di quella fontana per uso della prefata di lui massaria, cercandolo privativo per sé. In vista di questo memoriale il Marchese Marcello Calà concedette al Rossi per uso della mandra delle sue vacche, ed ai di lui eredi la facoltà di erigere il pilaccio di fabbrica privativo quo ad alios col peso di pagare alla di lui Camera un solo carlino annuo, dando la facoltà al di lui Vicario Generale D. Giovanni Maria Calà di estenderne il privilegio e la concessione in forma valida ......
10 novembre 1842. Il Comune di San Gennaro conta meglio di tre mille abitanti intimamente riuniti e congiunti tra loro e raccolti in un medesimo luogo e aventi e tetto e proprietà ed ogni maniera di sociale esistenza in comune. Dopo lunghissima dipendenza da Palma, e dopo aver patito tutti i soprusi che vi vanno congiunti; dopo di aver sopportato e tutto fatto per meritare quella emancipazione che indarno invidiavano a piccioli gruppi di uomini ed a comunità di mille ed anche di cinquecento viventi; dopo queste ed altre cose che non occorre ricordare, ebbe ancora a combattere innanzi a tutte le autorità del regno nommeno di tre lustri per essere elevato alla dignità politica di comune e raggiungere il sospirato bene di una propria comunale amministrazione. L’amministrazione e gli uomini di Palma che avevano frapposti tutti gli ostacoli alla emancipazione dei già loro conterranei riceverono ed eseguirono con rassegnazione il real decreto della separazione amministrativa, ma con passiva e nuda rassegnazione e come si riceve una condanna. Decorre appena l’anno del dì della separazione incominciata il 1° gennaio del 1841 ed i Palmesi impazienti di menomare il più gran bene di San Gennaro e di distruggere alla radice la comunale rendita di detta comune; quale rendita nella separazione fu considerata e ritenuta come dote, e fu per condizione sine qua non della elevazione a comune; immaginano di fondare una fiera nell’ambito del proprio suolo, vale a dire a meno di un moggio dal luogo dove nel suolo di San Gennaro si celebra ogni anno quella anch’essa detta di San Gennaro dal Santo titolare in onor del quale fu inaugurata sono oltre a due secoli. Qualunque fosse stata la semplicità della esposizione e la cura di nascondere il disegno ed il fine della proposta, ed ancorché si fosse dimandata per i giorni 4 ad 8 di settembre, pure risultava evidente il secreto pensiero dei Palmesi di danneggiare o distruggere quella di San Gennaro che si fa dal giorno 17 al 19 di quel medesimo mese. Laonde consultato il comune di San Gennaro ai termini delle leggi e dei regolamenti in vigore, questo con ragionata risoluzione decurionale espose i giusti ed ineluttabili motivi della sua opposizione. Né fu solamente San Gennaro che vi si oppose, ma Saviano, Ottaviano e Nola, i più importanti comuni del distretto compreso il capoluogo, proposero anch’essi i loro fondatissimi richiami. Il Consiglio di Intendenza di Terra di Lavoro, occupatosi dell’affare come di ragione sotto la presidenza dell’Intendente, avvisò con unanime risoluzione, di non potersi aderire al voto dei Palmesi, perché la fiera sarebbe stata di grave pregiudizio ai comuni limitrofi e soprattutto a quella di San Gennaro, che si tiene in quel comune nei giorni 17 e 19 del medesimo mese. Devesi quindi invitare il decurionato di Palma a prescegliere un tempo più lontano a quello in cui si fa la fiera di San Gennaro, sentendosi nuovamente i comuni vicini. Certamente che compreso da stupore chi legge dirà, ma di certo che i comuni di San Gennaro, Saviano, Ottaviano e Nola si saranno energicamente opposti e risentiti dell’oltraggio, ed il Consiglio di Intendenza si sarà negato di dare ascolto a quella proposta. Quei comuni hanno reiterato le loro opposizioni con più energia e ragione di prima, ma nullameno, il Consiglio predetto obliando forse il fatto proprio o per tutt’altra cagione, dichiara di non reggere le opposizioni dei comuni opponenti, essere ben fondata la dimanda dei Palmesi ed avvisa perché la fiera abbia luogo nei giorni determinati dal decurionato. In questo stato di cose, S. E. il Ministro degli affari interni rinvia alla Consulta di Stato per avere un solenne e grave giudizio sull’affare, e noi in difesa del nuovo comune e a dileguare la tempesta che minaccia tremila cittadini, rassegniamo queste poche pagine con le quali intendiamo dimostrare: 1) che rigorosa giustizia vuole che la fiera la quale si vuole fondare da Palma deve essere rinviata ad un’epoca lontana da quella nel comune di San Gennaro che viene tenuta nei giorni 17 a 19 di settembre di ciascun anno; 2) che prudenza e previdenza amministrativa vogliono la stessa cosa; 3) che il fatto anteriore della pubblica amministrazione esclude così i primi che i secondi voti del comune di Palma ……. Noi non narriamo favole e non creiamo ipotesi, diciamo fatti risultanti dall’incartamento (meno la deliberazione decurionale di Nola che tre volte è sparita) e ad essi ci riferiamo. L’Intendente come amministratore supremo della provincia ed il Consiglio di Intendenza da lui presieduto trovarono ingiusto ed imprudente che Palma fondasse una fiera in vicinanza di quella di San Gennaro a soli pochi giorni di distanza. Esistono il rapporto dell’Intendente e la deliberazione dl Consiglio; poco dopo Palma, invece di uniformarsi o reclamare alle autorità superiori, torna alla dimanda e quasi dileggiasse, propone la fiera per i giorni medesimi in cui si fa quella di San Gennaro. Quel medesimo Consiglio intanto con insolita e non mai udita mentita a se stesso, consente, applaudisce e respinge i reclami di 5000 cittadini che messi nel raggio di poche miglia hanno diritto di opporsi e si fa scudo del parere di una popolazione minore rappresentata dai comuni di Carbonara, Saviano, San Paolo, Livari, Quindici, Lirico, Migliano, Poggiomarino, Bosco Reale, Casoria, Secondigliano, Caivano, Casalnuovo, Licignano, Pomigliano d’Arco, Afragola, San Pietro a Paterno e Cardito, altri comuni di popolazione molto minore di quella contradicente i quali, perché fuori il raggio legale, non avevano ragione di opporsi e non si opposero. Bisogna essere cieco della mente per non vedere il fine di quella non prescritta interpellazione. Secondo le misure autentiche dell’uffizio Topografico del regno, la distanza dei soli primi otto comuni quasi tutti villaggi di poche migliaia di abitanti, sono infra il raggio; ma Torre Annunziata, Casoria, Secondigliano, Caivano, Casalnuovo, Lucignano, Pugliano, Fragola, San Pietro a Paterno e Cardito sono tutte fuori e si sono con grandissima malizia interpellate in luogo di Somma, Sant'Anastasia, Domicillo, Lauri e Marigliano e molti altri comuni i quali si sarebbero sicuramente opposti, laddove fossero stati come era debito consultati. Premesse dunque tali cose e tutte le ragioni evidentissime che vengono in appoggio dei richiami San Gennaro, si ha tutta la speranza di ottenere il rigetto della dimanda ed il rinvio della fiera a tempo lontano. F.to Matteo de Augustinis.
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