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Il libro nasce da questa riflessione di fondo: l'autonomia amministrativa di San Giuseppe Vesuviano da Ottajano, sancita dal Decreto Reale del 19 febbraio 1893, avviene senza alcuna ripartizione dei demani e degli immobili pubblici, comuni alle due comunità cittadine. Il fenomeno, ascrivibile ad una precisa volontà "politica", sottende una serie di fattori variegati e di rimandi nel tempo, il cui crogiolo esplode nei primi anni dell'Ottocento, allorché la legge sulla eversione della feudalità, introdotta dalla dominazione francese, libera i nostri padri dalla opprimente violenza del feudatario. In tale contesto gli effluvi libertari sembrano reificarsi in forme sempre più solide e più profonde nell'immediato sotto l'influsso della legislazione di grande prospettiva riformistica. Non a caso recitano il ruolo di comprimari gli umili, i nullatenenti, chiamati a riappropriarsi, previo sorteggio, di una parte del demanio, denominato Borde e Cafurchio, precedentemente adibita a riserva di caccia reale ed ora ceduta volontariamente dallo stesso re alla nostra comunità. Ben presto, però, l'apertura populistica rivela la debolezza delle angolature intimamente sottese alla suddetta operazione ripartitoria. Infatti, in tale occasione, richiedente l'esborso del canone annuale e delle spese per la coltivazione della quota demaniale sortita, favorisce la coagulazione di strane cordate finanziarie. In queste ultime entrano a supporto molti "galantuomini" fin dall'esordio, allorché si formano diverse società, nelle quali i singoli garanti, grazie alla malleveria pecuniaria, prontamente versata nelle casse pubbliche, ma non onorata dai debitori entro il tempo pattuito, diventano di fatto i proprietari. Proprio costoro, dopo aver infranto il sogno della loro eterna controparte, scorazzano imperterriti lungo i sentieri del demanio al fine di imporvi i propri interessi apertamente o surrettiziamente. La loro cavalcata, agevole e veloce in sulle prime, diventa impervia e dura per diverse concause, ambientali e politiche: le prime si appellano alla congiuntura economica o alle catastrofi vulcaniche e alle cosiddette piogge "acide"; le seconde si connotano nell'intervento dello Stato, deciso a riprendere il controllo del territorio. Ne deriva uno scontro frontale, ove confliggono interessi privati e collettivi, non sempre separati né identificati nettamente, né definiti in tempi e con modalità accettabili, dal momento che il costante ricorso processuale, oltre a rimandarne sine die la irrogazione della sanzione, alla fine risolve ogni questione sempre in una transazione bonaria e minimale rispetto al dovuto, il che depaupera le casse comunali di entrate importanti per la gestione dei servizi sociali, su cui si abbatte la cogente elusione operativa. Nel frattempo lo scenario circostante si anima di una "umanità" variegata e concreta, adusa, in funzione delle specifiche risorse economiche, a sbarcare il lunario alla meglio o ad attivare complicate procedure speculative, a centellinare, persino, le primarie esigenze familiari o a mettere sul banco enormi somme di denaro in contanti, a fungere da testa di legno o ad affrontare un affare importante in prima persona, a tentare qualche espediente di piccolo cabotaggio o a violare sistematicamente l'ordine costituito, a provare i rigori del carcere o a vanificare il teorema investigativo con artefatte controdeduzioni redatte all'occorrenza dall'abile avvocato di turno. Tutto ciò si svolge tra le pareti domestiche o nello studio notarile o nell'aula del tribunale o nella cancelleria comunale o all'aria aperta: ovunque echeggiano le voci più disparate nei toni, nel timbro e nelle reazioni. Se ne avvertirò la minima eco nella pagina, diluirò la fatica della ricerca, difficile per la novità della materia, intonsa e inesplorata, nella consapevolezza dell'impegno civico, per il cui trionfo continuo a percorrere la strada del recupero memoriale della mia terra verso la quale nutro un immenso affetto filiale (Introduzione del libro di Luigi Iroso, "La resa dei conti", San Giuseppe Vesuviano, 2009).
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