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La terra di Civitanova, sita nella provincia del contado di Molise, sottopone all'attenzione del Sacro Consiglio il grave compito di sciogliere la questione circa la vera natura della Montagna, se fosse feudale o demaniale. Naturalmente i cittadini propendono per la seconda ipotesi, mentre Aurelia d'Eboli, padrona della terra per eredità del suo avo, Giovanni Vincenzo d'Eboli, sostiene la prima tesi. Poiché il diverbio va per le lunghe, nel 1569 prende piede il tentativo di una conciliazione tra le parti attraverso la sottoscrizione di una "capitolazione" caldeggiata dallo stesso vescovo di Trivento. In base a questo accordo la feudataria riceve dalla cittadinanza ogni anno cento tomoli di grano per compensare i "terraggi montani" a lei dovuti; dieci ducati per il fitto dell'erba; quindici canne di legna e trenta "tragliate" di paglia o in cambio venti ducati da consegnare alla corte baronale. In cambio di questi versamenti annuali la cittadinanza partecipa alla gestione comune non solo della Montagna, ma anche del luogo di Santo Stefano con il Monte della Russa e delle Macchie: queste ultime, addirittura, vengono trasformate in "Difese". Negli anni successivi entrambe le parti rispettano in pieno le regole. Così nel 1602, in occasione della morte di Aurelia d'Eboli, viene presentato il relevio (tassa di successione) , nel quale rientrano anche le quote annuali versate dalla cittadinanza. Ma la suddetta questione si riapre con Giovanni d'Alessandro che compra il suddetto feudo nel 1646.
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