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RISPOSTA DI GARIBALDI ALLE GRAVI OFFESE DI CIALDINI
Generale! Anch'io fui vostro amico ed ammiratore delle vostre gesta. Oggi sarò ciò che voi volete, non volendo scendere certamente a giustificarmi di quanto voi accennate nella vostra lettera, d'indecoroso, per parte mia, verso il re e verso l'esercito; e forse in tutto ciò nella mia coscienza di soldato e di cittadino italiano.
Circa alla mia foggia mia di vestire, io la porterò finché mi si dica che io non sono più in un libero paese, ove ciascuno va vestito come vuole.
Le parole del colonnello Tripoti mi vengono nuove. Io non conosco altri ordini che quello da me dato: di ricevere i soldati dell'esercito del settentrione come fratelli: mentre si sapeva che quell'esercito veniva per combattere la rivoluzione personificata da Garibaldi.
Come deputato io credevo avere esposto alla Camera una piccolissima parte dei torti ricevuti dall'esercito meridionale dal ministero e credo di averne diritto.
L'armata italiana troverà nelle sue file un soldato di più quando su tratti di combattere i nemici d'Italia; e ciò vi giungerà nuovo.
Altro che possiate aver udito di me verso l'armata, è una calunnia.
Noi eravamo sul Volturno al vespro della più splendida vittoria nostra, ottenuta nell'Italia del mezzogiorno, prima del vostro arrivo; e tutt'altro che in pessime condizioni. Da quanto so, l'armata ha applaudito alle libere e moderate parole di un milite deputato, per cui l'onore italiano è stato un culto per tutta la sua vita. Se poi qualcheduno si trova offeso del mio modo di procedere, io, parlando in nome di me solo e delle mie parole, di cui sono garante, aspetto tranquillo che mi si chieda soddisfazione delle stesse. Torino, 22 aprile 1861. G. Garibaldi.
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