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La visita pastorale a Casoria del cardinale Giuseppe Spinelli nel 1743
......... Poco dopo, in uno scenario viario rinnovato, lo sparo dei fuochi pirotecnici annuncia l’avvento in Casoria del cardinale Giuseppe Spinelli il quale, a monte della visita pastorale, ha ordinato ai parroci di preparargli in anteprima una dettagliata relazione sulla chiesa di propria competenza. Sulla scorta di questi importanti documenti, ci confondiamo nel corteo cardinalizio e ci avviciniamo alla collegiata chiesa di San Mauro, la cui facciata, estesa su uno spazioso terreno, presenta tre porte, la grande al centro e le due piccole lateralmente. A destra si eleva il campanile di piperno, sulla cui sommità svettano tre campane, una di dieci cantare, la seconda di cinque e la terza di due. Il frontespizio si caratterizza per la varietà cromatica che avvolge anche le sottostanti immagini dei Santi Pietro, Paolo, Mauro, Nicolò Pellegrino e Filippo Neri. Naturalmente entriamo attraverso la porta centrale spalancata e sull’uscio con tono deferente compie gli onori di casa il cinquantenne preposito don Paolo Russo, il cui servizio parrocchiale dura da tredici anni. Gli sono vicini i coadiutori don Giacomo d’Arco e don Matteo Costabile. Al primo impatto colpisce l’ariosità degli spazi interni, che si effondono in lunghezza centonovantasette palmi e in altezza ottantaquattro palmi, solcati dalla policromia degli stucchi e degli intagli, la cui linee armoniche, dispiegandosi in direzione opposta per tutto il perimetro murario, confluiscono nel coro di noce con due ordini di sedili, ove, in quello superiore, siedono il preposito curato, il parroco e i canonici. Sovrasta il quadro della Santissima Vergine con San Mauro e altri santi, opera di Domenico Vaccaro. In questo spazio vuoto talora viene spostato l’organo mobile, altre volte allocato nella cappella di Santa Maria di Monserrato. Nella parte immediatamente anteriore, circondata da un’ampia balaustrata di noce traforata con tre gradini ed altrettante porte, troneggia l’altare maggiore nella sua varietà marmorea, impreziosita ulteriormente nella fattura del tabernacolo con l’aggiunta di pietre di lapislazzulo e con la portella di argento con le relative chiavi. All’interno le ostie consacrate si conservano in tre pissidi d’argento. Corrono su entrambi i lati nove cappelle, disposte cinque a destra e quattro a sinistra secondo il corrispondente schema: Santa Maria di Monserrato, San Giuseppe, San Tommaso Apostolo, San Felice in Pincis, San Francesco d’Assisi, San Rocco, Santissimo Rosario, Santa Maria di Loreto e San Lazzaro, Crocifisso e San Mauro: tutte sono dotate di sepoltura riservata ai componenti della famiglia proprietaria della cappella, tranne i bambini morti senza battesimo, sepolti nel giardino della chiesa. La calda parola dei predicatori, soprattutto, quaresimali trova la giusta base di emissione nel pulpito di legno, mentre l’acqua benedetta, rinnovata ogni sabato, è conservata in due grandi fonti marmoree “di broccatello di Spagna”. Tra queste stesse mura si trova la congregazione laicale di Santa Maria della Pietà con la omonima cappella, sul cui altare di marmo spicca il quadro della visitazione di Maria Vergine con la cornice di oro. Il suddetto oratorio, che misura in altezza trenta palmi, in larghezza trenta e in lunghezza cinquantaquattro, è dotato di molti sedili di noce, idonei ad accogliere i 218 confratelli, adusi a riunirsi ogni domenica mattina per recitare le orazioni religiose, per ascoltare il commento del vangelo da parte del padre spirituale don Tommaso Gallucci e per pronunciare gli atti di fede, speranza, carità e contrizione, sigillati dalla recita di alcuni pater e ave per la chiesa, per il sommo pontefice, per il cardinale e per il re. Ogni prima domenica del mese i confratelli, dopo la liturgia rivolta al suffragio dei defunti, si confessano e si comunicano. Nelle cerimonie ufficiali essi indossano i camice, il cingolo e la mozzetta di colore violaceo con le imprese di Santa Maria della Pietà d’argento. La parte amministrativa è nelle mani del superiore e di due assistenti, eletti annualmente dal consesso generale, alla presenza del preposito della Collegiata e del padre spirituale, dopo la festività della visitazione della Madonna. I nuovi responsabili a loro volta nominano “gli ufficiali subalterni”: quattro delegati a visitare i confratelli infermi, cui vanno consegnati in regalo polli e dolce; due a custodire gli abiti, l’argenteria e altro; quattro a raccogliere le elemosine per la celebrazione delle messe per le anime del purgatorio; due ad aprire e chiudere le porte della congrega, mentre si svolge l’assemblea. La rielezione di costoro non può avvenire, se non è trascorso almeno un triennio. Quanti si macchiano di qualsiasi mancanza, puntualmente ripresi dal padre spirituale, devono ripercorrere il tragitto della riammissione deliberato dall’assemblea generale. L’accoglienza comporta l’espiazione della penitenza e l’esercizio della meditazione suggerita dal padre spirituale. Nello stesso locale si riuniscono, nel pomeriggio domenicale, i cento confratelli della congregazione della Dottrina Cristiana, dedicata ai principali misteri della fede cristiana, la Santissima Trinità, l’Incarnazione del Verbo e il Santissimo Sacramento. Vi fanno parte, anche se solo nominalmente e in funzione esclusiva del godimento delle indulgenze, quindici donne. All’interno della cappella della Pietà, familiarmente rievocata con il nome di Cappellone, vi è quella della Santissima Concezione: l’altare, interamente di marmo, tranne la mensa e il paliotto, è sormontato dal quadro del Vaccaro. A questo punto si slarga l’accesso alla sacrestia la quale, costruita a volte, misura ventisei palmi di altezza e trenta di lunghezza. A destra e a sinistra, due mense arroccate al muro custodiscono gli apparati sacri; adempiono analoga funzione i vari stipi in legno disseminati ovunque. Qui sono custoditi i registri dei defunti, dei battezzati e dei matrimoni. Il primo registro dei defunti è andato perduto, il secondo parte dal 4 gennaio 1634. Il primo registro dei battezzati inizia dal 14 maggio 1564, il corrispondente dei matrimoni dal 20 agosto 1566. L’attuale grandezza della chiesa va scritta a merito del parroco don Antonio Abbate, come si legge nell’epigrafe incisa dietro il pilastro dell’altare maggiore. Alla grandiosità strutturale della Collegiata corrisponde la sua estensione territoriale. Essa, registrando 4387 parrocchiani, di cui 2196 uomini e 2191 donne, compresi i cinquantotto sacerdoti secolari e il diacono facente funzione di maestro di scuola, don Giuseppe Parisi, si effonde in un raggio molto vasto e confluisce nelle prominenze dei cinque paesi limitrofi: infatti, verso Cardito funge da limite estremo la masseria dei Miracoli, verso Arzano l’osteria dell’Agnello, verso Afragola la via Longa che si dilunga da Poggioreale fino alla stradetta prospiciente l’osteria di San Pancrazio, verso Casavatore la cosiddetta Cupa. Attraverso questo lungo tragitto, che delimita l’ottina o parrocchia della Collegiata, procede la solenne processione con la statua di San Mauro in occasione della festività del Santo Patrono, il 15 gennaio, e, soprattutto, nella seconda domenica di luglio, in cui si celebra la traslazione delle ossa del Santo a Casoria: apre il corteo il lungo stuolo dei canonici, dei sacerdoti e dei confratelli della Congregazione della Pietà, le cui preghiere, recitate o cantate, rinforzate dal sonoro seguito del popolo festante, ne rimandano l’eco per tutta la cittadinanza .............. (Estratto dal libro: Luigi Iroso, Casoria alla luce del sole, 2012).
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