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Massa Lubrense: la scogliera nata male
La necessità di riparare l’ormeggio delle barche nel periodo delle avverse condizioni atmosferiche spinge l’amministrazione comunale di Massa Lubrense a deliberare di costruire nelle immediate prospicienze della sua costa marina, contrassegnate da due grandi massi calcarei già esistenti, una scogliera, sulla cui base è in animo di edificare successivamente una banchina. Il relativo progetto, presentato dall’architetto Camillo Ranieri il 3 agosto 1842, contempla l’esborso di 3862 ducati e quaranta grana. Risultano aggiudicatari della gara pubblica gli imprenditori edili Vincenzo Buonocunto e Ferdinando Scelzo i quali ne sottoscrivono le condizioni dello strumento notarile il 23 agosto 1842, allorché si impegnano ad eseguirne i lavori ad opera d’arte in cambio di pagamenti, comprensivi dell’interesse del cinque per cento a scalare e scanditi progressivamente nell’immediato futuro fino alla chiusura definitiva del cantiere. L’attività lavorativa, iniziata nel 1° settembre 1842 sotto la direzione del suddetto tecnico e di due decurioni Mattia Turris e Giovanni Persico, procede con una certa lena. Infatti, dopo un anno è già stata terminato il primo tratto e versa in uno stato avanzato il secondo tratto, tanto che l’Intendente della provincia di Napoli ordina al tecnico la misura di quanto effettivamente compiuto. La risposta arriva con calma assoluta il 10 giugno 1844, allorché la quantificazione parziale delle spese ascende a 2874 ducati e quarantotto grana. Di lì a poco, terminata l’intera struttura, avviene la rendicontazione totale pari a 7691 ducati e venti grana, maggiorata di 3872 ducati e otto grana rispetto al preventivo. Nel periodo interino dell’iter procedurale per la liquidazione, precisamente nel gennaio 1845, il secondo tratto della scogliera viene abbattuto dall’impeto violento delle onde e disperso nel fondo del mare. A questo punto il sindaco convoca subito il decurionato, invitandolo ad esprimersi sulla eccedenza della spesa presentata e sul danno testé avvenuto. La delibera finale, varata all’unanimità dei presenti, respinge la misura finale dei lavori avanzata, delegando l’architetto Celentano non solo a controllarne la rispondenza e la congruenza di quanto rivendicato, ma anche ad additare le cause dell’abbattimento. Di lì a poco, il 10 febbraio 1845 giunge la perizia giurata del tecnico di parte: costui contesta senza mezzi termini l’eccedenza della richiesta e imputa agli imprenditori edili la colpa “di non aver nettato e espurgato il fondo del mare” , ove si addensano le cause fondamentali del crollo: la scogliera risulta priva di “scarpe necessarie”, né eseguita “a strati paralleli”; inoltre gli scogli non allocati su “sponde di grandezza sufficiente”. Tale rapporto, fatto proprio dal decurionato, viene inviato all’Intendente della provincia. A questo punto scatta l’indagine superiore con l’invio in loco, il 15 marzo 1845, dell’architetto Ercole Lauria. Costui ritiene, nella relazione datata 30 agosto 1845, che la causa del crollo della scogliera consista nella sua errata inclinazione, non rispondente ai calcoli progettuali. Su queste basi, contestate dalla controparte, si spalancano le porte del contenzioso che, bruciando notevoli energie finanziarie, non concede sconti nemmeno lungo l’asse temporale
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