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Un viaggio in manette e a piedi da Reggio Calabria a Napoli
Corre il 21 settembre 1851, Nicola Palermo, condannato per motivi politici alla pena capitale, commutata in trenta anni di detenzione, viene trasferito da Reggio Calabria a Napoli, percorrendo a piedi e in manette trecento miglia in ventidue giorni. Gli fanno compagnia altri tre condannati politici, tra cui il fratello Nicodemo, e diciotto delinquenti comuni. Le soste intermedie avvengono tra le pareti di diversi carceri, ove il protagonista prova le mortificazioni più abiette. Tra l'altro subisce nel penitenziario di Cosenza il tributo amaro di pagare la cosiddetta "camorra". A Napoli viene rinchiuso nel carcere del Carmine e, dopo pochi giorni, in quello di Procida, ricolmo di 1500 detenuti, con i quali assapora i sorsi tremendi delle vessazioni: indossa vesti tessute con peli di asini; malnutrito, incatenato, prova i capricci sadici degli aguzzini e del comandante de Falco. L'odissea carceraria continua in seguito all'ennesimo trasferimento nel carcere di Montesarchio, ove permane dal 28 maggio 1855 al 7 gennaio 1859. Anche questo periodo fu contrassegnato da inaudite sofferenze, sopportate con spirito stoico e inesorabile fede nella sua missione politica. Il suddetto arco temporale non coincide con la conclusione della via crucis, in quanto egli si trova annoverato tra i detenuti, destinatari di indulto in cambio dell'esilio in America. L'imbarco sulla corvetta a vapore Stromboli e la successiva navigazione si protrae fino al 26 gennaio con l'approdo a Cadice. Fortunatamente l'ulteriore imbarco sul veliero David Stewart non arriva a destinazione, in quanto nei pressi delle Canarie il figlio di Luigi Settembrini, Raffaele, spinto da amor filiale, riesce a dirottare l'imbarcazione alla volta dell'Irlanda, permettendo a tutti di godere del dono della libertà.
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