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Viaggio nella Napoli borbonica: sezione Mercato
Nell'ambito dell'attuale dibattito culturale, divenuto particolarmente acuto quest'anno in occasione delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, non è fuor di luogo auspicare l'avvento di un clima più disteso e sereno, onde non rischiare di perdere definitivamente la nostra identità nazionale, già fortemente compromessa dalle frequenti manifestazioni avvilenti, scritte a diversi livelli con l'inchiostro del degrado assoluto. Se perdurasse siffatta temperie, ne perderemmo tutti indistintamente. E' l'ora, quindi, di attivare un confronto a vasto spettro che, gettando alle ortiche le vuote e sterili formule pronunciate da comode posizioni precostituite, agevoli un confronto su dati concreti e legati alla reale esperienza dei nostri padri. All'uopo può segnare un piccolo sentiero il tentativo di recuperare e riproporre la vera identità della nostra realtà locale, cittadina e provinciale, sulla scorta di diverse testimonianze sociali. Siffatto progetto operativo ha il merito, se non altro, di riappropriarci del nostro effettivo passato, toponomastico ed umano, colto nel suo fluire. Animati dal desiderio di conoscere le varie attività produttive lì allocate, ci addentriamo nella sezione napoletana Mercato, nell'anno 1858. Ne percorriamo l'intero perimetro, in tutta la sua vastità, annotandone le diverse strade, elencate di seguito: Fiumicello,ove operano un lanificio e una fabbrica di corde armoniche; Taverna delle Carcioffe, sulla quale c'è una fabbrica di puntine di Parigi o piccoli chiavistelli e di zappe; Largo Sant'Erasmo, contrassegnato dalla presenza di una fabbrica di pelli per suole; Congeria, lungo il cui percorso si stendono una fabbrica di cuoio ed un'altra di coperte di cotone; Largo Granile, donde si effonde per l'aria l'eco proveniente dalle macchine di una seteria, di una fonderia di ferro, di un'altra di piombo e di una fabbrica di pelli; Discesa del ponte, ove si segnala una congeria di pelli; Arenaccia,su cui si protende una fonderia di ferro; Vico sopramuro del Carmine, impreziosito dalla raffineria di oro e di argento; Vico Vitriera vecchia, vivacizzata dalla fonderia per la scopiglia o ceneraccio; Madonna delle Grazie di Loreto, ove spicca lo stabilimento per la pressione della rublia o robbia; Vico Maria delle Grazie Sovramuro, allietata dalla fonderia per la scopiglia; Piazza Fossi Nolana, sulla cui distesa si protendono due fabbriche per la lavorazione del gesso; San Cosimo che accoglie una fabbrica di gesso; Fossi, ove procedono a pieni motori due fabbriche di sapone; Carrera,Ferze al Lavinajo, Vico Celso a Loreto,Vico Orticello a Loreto, accomunate dalla presenza della rispettiva fabbrica di sapone; Calata ponte della Maddalena, ornata dai ritmi sistematici del lanifico; Largo di Sant'Erasmo, il cui perimetro abbraccia una fabbrica di sapone; Marinella, il cui diffuso stridio proviene da due fabbriche di stoviglie e da una di mattoni; Annunziata,ravvivata dall'andirivieni delle persone nelle due fabbriche di sedie che hanno l'esclusiva per tutta la provincia; San Pietro ad Aram, sede ufficiale di una fabbrica di coperte di cotone e di un lanifico, gestito dai padri Riformati. Tra gli imprenditori operanti in questa sezione si distinguono gli stranieri, il che denota l'indole del napoletano pronto all'accoglienza e alla tolleranza.
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